Meditazione sul Vangelo
della XXIII domenica del T.O. anno C
4 settembre 2016
Lc 14,25-33
L’uomo può anche scuotersi di dosso il peso impostogli.
Ma in tal modo non si libera affatto del peso,
bensì ne deve portare uno molto più pesante, insopportabile.
Porta il giogo di se stesso, che si è scelto da solo.
D. Bonhoeffer
Quando quest’estate, in uno slancio da irresponsabile quarantenne finto giovane, ho voluto provare il brivido della canoa, mi sono accorto di quanto sia importante nella vita decidere con fermezza dove vuoi andare per evitare di bucare i gommoni che incontri tra le onde! Molto spesso invece preferiamo lasciarci portare dalle correnti, evitiamo la fatica di remare, salvo poi lamentarci di esserci ritrovati su spiagge che non abbiamo scelto.
La vita ci chiede continuamente di decidere. E man mano che vai avanti, capisci sempre meglio il senso di quell’assonanza tra la parola decidere e la parola recidere: non si può scegliere senza tagliare. Ci sono scelte quotidiane più banali, ma ci sono anche scelte esigenti, decisioni da prendere per poter costruire qualcosa (Chi di voi, volendo costruire una torre…) o decisioni per lottare contro quello che non ci aiuta a vivere (Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re…).
Facciamo fatica a deciderci nella vita perché ordinariamente non siamo liberi. Ci sono legami che troppo spesso ci legano. Se i legami diventano un imperativo imprescindibile, l’accento si sposta: lègami! E allora i legami non sono più sani. Se le relazioni importanti della nostra vita diventano una limitazione alla nostra libertà, vuol dire che non sono sane. Attenzione: io posso decidere di prendermi cura dell’altro e di mettere la mia vita a servizio suo, ma devo averlo scelto io! Se quel legame lo subisco, allora mi tiene schiavo. Troppo spesso confondiamo le situazioni in cui subiamo la presenza dell’altro con l’onore di esserci presi cura dell’altro.
Facciamo fatica a deciderci poi perché pretendiamo di conoscere già le risposte e non ci lasciamo interrogare onestamente dalla vita: Gesù precisa che occorre andare dietro di lui, mentre molta gente andava verso di lui. Chi va verso qualcuno o qualcosa ha già deciso la direzione, chi si mette dietro si lascia portare.
Anche nella vita di fede, il credente smette di essere libero quando pretende di sapere già tutto su Dio. Facciamo le nostre scelte e poi pretendiamo che Dio le abiti: andiamo verso di lui. Gesù invece ci invita a metterci dietro, ci invita a guardare dove mette i suoi piedi e a lasciarci sorprendere. Il discepolo allora è colui che guarda dove Gesù mette i piedi, lo vede camminare, così, nel futuro, in ogni situazione, si chiederà: e Gesù dove metterebbe i piedi in questo caso?
Il discepolo autentico dunque è colui che continuamente si libera per poter decidere. Ignazio di Loyola usava un termine un po’ curioso: per scegliere, dice Ignazio, occorre rendersi indifferenti. Se nel cuore, magari nascosto tra le onde, hai già deciso dove vuoi andare, è inutile fare finta di dover ancora scegliere.
La libertà passa anche attraverso la nostra nudità: possiamo deciderci solo quando ci siamo spogliati. Non può passare inosservato questo legame che Gesù costruisce tra la croce e le decisioni: Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me. Il discepolo che si libera e decide è un uomo che porta la croce. La croce perciò non è la sventura che ci cade addosso e che dobbiamo pazientemente abbracciare. La croce è il criterio delle scelte! La croce è chiaramente la logica del Vangelo. Portare la croce è faticoso nel senso che è esigente scegliere ogni giorno usando non i criteri del mondo, ma la logica del Vangelo.
Siamo chiamati continuamente a scegliere e dunque siamo chiamati continuamente a portare (a prendere su di noi) un criterio, ma, come dice Bonhoeffer, se non portiamo la croce come criterio, porteremo inevitabilmente un altro criterio sicuramente più pesante, quello del nostro io:
«Dio è un Dio del portare. Il Figlio di Dio ha portato la nostra carne, dunque la croce, dunque tutti i nostri peccati, procurando con questo suo portare la riconciliazione. Per cui anche chi è alla sua sequela è chiamato al portare. In questo portare consiste l’essere cristiani. Come Cristo salvaguarda la comunione con il Padre nel portare, così il portare di chi è alla sua sequela è comunione con Cristo. L’uomo può anche scuotersi di dosso il peso impostogli. Ma in tal modo non si libera affatto del peso, bensì ne deve portare uno molto più pesante, insopportabile. Porta il giogo di se stesso, che si è scelto da solo».[1]
Leggersi dentro
– Ci sono decisioni importanti da prendere in questo momento della tua vita?
– Ti senti libero o intrappolato davanti alle tue decisioni?
[1] D. Bonhoeffer, Sequela [Nachfolge], Querinana, Brescia 1997, 82.
ci sono alcune decisioni prese in cui so di aver assecondato legami e non razionalità. So anche che seguire Gesù ha l’effetto immediato di alleggerire il giogo, ma a volte come è difficile vedere i suoi passi. A volte mi affido alla provvidenza e ringrazio il Signore perchè ogni giorno rinnova la mia possibilità di scegliere. Sicuramente nelle scelte sono aiutata da questo faro: tutto ciò che limita la mia possibilità di scegliere è male: a volte sento di figli che per una vita intera accudiscono i genitori e si sentono costretti. Per me questo è male perchè la fatica fisica e il sacrificio del loro tempo serve a zittire la coscienza ma non rende liberi. Il Signore ci dona carismi e ci chiede di utilizzarli. Quindi davanti a ciò che imbriglia il nostro essere dobbiamo essere capaci di trovare un’altra strada. Con l’umiltà (la porta stretta) a volte si ottiene di più di quanto riusciamo con i nostri sforzi umani.
Buon giorno Padre. Le faccio una proposta. Sarebbe d’accordo a cambiare la nostra spiritualità dalla conformazione a Gesù crocifisso alla conformazione a Gesù risorto ? Considerato che ci diciamo cristiani e battezzati, dovremmo vivere la vita di Gesù risorto, e non continuare a cercare di incarnare Gesù crocifisso. Che ne pensa ? La ringrazio. Un cordiale saluto.
Ho capito la strada da percorrere, seguendo i Suoi passi, un po’ troppo tardi.. Prima ho avuto la presunzione di scegliere per me, ma anche per gli altri. Ero un pilota delle altrui decisioni. Errore profondissimo e un indubbio peccato di arroganza. Le scelte sono fatte e il Signore mi aiuti a non piangere troppo sul latte versato. Oggi ho scelto la strada dell’umiltà e della fermezza verso me stessa. Ho imparato a dire di no a me stessa, anche se è doloroso. Con gli altri sto sempre davanti alla porta stretta. Non sono Dio e neppure simile a lui, perciò mi lascio guidare con fiducia, ma, confesso, ho più fiducia di ciò che mi riserva l’aldilà che delle contingenze quotidiane. E cerco ogni giorno di mettermi di fronte alla mia pena, accettandola, con il cuore stretto come la mia porta.
E confesso che mi sono messa al servizio degli altri, diventandone giorno dopo giorno, vittima. Gli altri, grandi e piccoli, abusavano della mia vita, e un bel giorno il sistema è esploso. Cosa faranno senza di me? Non sono il Signore, mi dico, e aspetto dietro alla porta stretta. Voi aiutatemi a pregare perché tutto questo non mi piace, perché questo stile non fa parte di me stessa…ma …seguo i Suoi passi.
sentilo tu, nel soffio ond’ei ti ha colmo da che respiri e sei. R. M. Rilke
Perché non passare dalla spiritualità della conformazione a Gesù crocifisso alla spiritualità della conformazione a Gesù risorto ? Se ci diciamo cristiani e battezzati, non dovremmo avere esitazioni. Che ne pensate ? Vi ringrazio.
Sì che ci sono delle decisioni, ma se le circoscrivo al mio Io vorrei lasciarle e non assumermele. Quando questo è rivolto alla mia responsabilità verso l’altro ed ad un orizzonte più alto, ecco che assumono un altro significato, che porta un sorriso ed una speranza.