meditazioni

Il Cristianesimo diventerà un affare privato? Il Vangelo e Scorsese sembrano dire di no

Meditazione sul Vangelo

della III domenica del T.O. anno A

22 gennaio 2017

Mt 4,12-23

 

Io prego, ma sono sperduto. Alla mia preghiera risponde il silenzio.

Dal film Silence

 

Qualche sera fa sono finalmente riuscito ad andare a vedere l’ultimo film di Scorsese, tratto dall’omonimo romanzo di Shusaku Endo, Silence (Silenzio).

Lo scorso anno, quando ancora non sapevo che Scorsese stava lavorando al film, avevo letto il romanzo…semplicemente perché mi avevano detto che parlava dei gesuiti! Ovviamente, però, dove ci sono i gesuiti le cose non possono mai essere semplici e lineari.

La storia infatti è quella di due giovani padri gesuiti del 1600, che dal Portogallo partono per il Giappone in cerca del loro maestro, padre Ferreira, uomo di grande fama e molto amato, partito tempo prima per il Giappone, ma di cui è giunta voce che abbia abiurato alla fede cattolica a causa delle violente persecuzioni dell’inquisizione giapponese, che vedeva nella fede cattolica un grande pericolo.

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Il romanzo, come il film, racconta le violente persecuzioni contro i cristiani: uomini messi in croce sulla riva del mare in attesa che la marea salga e li sommerga, persone appese a testa in giù in un pozzo con un’incisione sul collo per far colare lentamente il sangue, teste mozzate all’improvviso…Ma a tutte queste persecuzioni c’è un rimedio: abiurare, calpestando l’immagine di Cristo e della Madonna (in alcuni casi però non ci si accontenta e si chiede anche di sputare sul crocifisso e di rivolgere parole ingiuriose alla Madonna).

crocifissi-silence

Questo è il dramma interiore del protagonista, il giovane padre Rodrigues, che nel frattempo si è separato dal confratello e lo ha poi visto morire: è giusto continuare a voler annunciare e diffondere la propria fede se questo è causa di sofferenza per tante altre persone? La risposta di Dio è il silenzio. Padre Rodrigues deve cercare la risposta nella sua coscienza.

È qui che Scorsese aggiunge qualche piccolo dettaglio al romanzo e fornisce forse la sua chiave interpretativa. Sembra infatti che il cristianesimo debba rinunciare a una presenza visibile. Sembra la sconfitta di una Chiesa pubblica. Si potrebbe pensare che la fede possa essere vissuta in maniera personale come un fatto che riguarda solo la propria coscienza. Dio vede nel cuore di ciascuno e questo basta.

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A me sembra invece che il film ci dica che la fede, in qualunque condizione si trovi, diventa feconda e si trasmette attraverso le relazioni personali. Il gesto finale della moglie acquisita di padre Rodrigues che mette una piccola croce nella sua bara, così come l’immagine di Sant’Ignazio trovata al collo del servo Kichijiro (che durante tutto il film continua ad abiurare e poi a chiedere di confessarsi) dicono che la fede non può non fecondare silenziosamente le relazioni in qualunque terreno essa sia piantata.

 

È proprio questa immagine della fede che non può essere strappata alla vitalità delle relazioni che può aiutare a rileggere il Vangelo di oggi: Gesù passa lungo il mare e chiama coppie di fratelli! È il primo passo per poi mandarli ad annunciare a due a due. Al di là della Chiesa visibile, questa è la Chiesa corpo di Cristo.

La fede cristiana non è mai solo un fatto di coscienza, ma è innanzitutto una questione d’amore. E l’amore non può essere mai una questione solo mia. Questa sarebbe davvero l’ultima tentazione, pensare alla fede in Cristo come qualcosa di personale. Nel film, il padre Ferreira dà volto proprio a questa tentazione, la tentazione di salvare se stessi, rinunciando a una fede che feconda le relazioni: l’abiura come atto di carità!

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Gesù chiama coppie di fratelli, quasi a voler guarire quella ferita originaria di cui parlava tutto il libro della Genesi: fratelli che si uccidono e che si odiano, Caino e Abele, Esaù e Giacobbe, Giuseppe e i suoi fratelli…Questo è il male da cui Cristo vuole liberarci, questa è la rete che ci intrappola e da cui Cristo vuole strapparci. Non ci può essere fede in Cristo senza relazioni.

Il racconto del Vangelo mostra come Gesù sia rimasto per tutta la notte sulla riva del mare per chiamare questi fratelli: dalla sera, quando i pescatori stanno gettando le reti, fino al mattino, quando stanno sistemando le reti. Nella notte, quando ti sembra che Dio sia rimasto in silenzio, lui era lì e continuava a chiamarti.

 

I due giovani padri di Silenzio hanno rinunciato alla tranquillità del Portogallo per andare nelle terre lontane e misteriose del Giappone, pur sapendo delle persecuzioni e del pericolo. Ma come Gesù in questi versetti del Vangelo, così anche loro sanno che la fede non è immobilismo, ma movimento. Non sempre è possibile partire, ma certamente è sempre possibile sfuggire alla quiete stagnante del proprio cuore. La fede ci chiede sempre di ri-partire.

 

Come la dedica finale del film invita a fare, non possiamo che ricordare e pregare per i tanti cristiani anonimi e perseguitati nel mondo, perché la loro fede silenziosa non riguarda solo la loro coscienza, ma feconda in modi misteriosi il corpo di Cristo che è la Chiesa.

 

 

Leggersi dentro

–          Cosa dice la tua coscienza circa il tuo modo di vivere la fede?

–          La tua fede, seppur vissuta nel silenzio del cuore, ricade sulle relazioni con i tuoi fratelli?

 

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 4,12-23.
In quel tempo, avendo saputo che Giovanni era stato arrestato, Gesù si ritirò nella Galilea
e, lasciata Nazaret, venne ad abitare a Cafarnao, presso il mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali,
perché si adempisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia:
Il paese di Zàbulon e il paese di Nèftali, sulla via del mare, al di là del Giordano, Galilea delle genti;
il popolo immerso nelle tenebre ha visto una grande luce; su quelli che dimoravano in terra e ombra di morte una luce si è levata.
Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».
Mentre camminava lungo il mare di Galilea vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano la rete in mare, poiché erano pescatori.
E disse loro: «Seguitemi, vi farò pescatori di uomini».
Ed essi subito, lasciate le reti, lo seguirono.
Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello, che nella barca insieme con Zebedèo, loro padre, riassettavano le reti; e li chiamò.
Ed essi subito, lasciata la barca e il padre, lo seguirono.
Gesù andava attorno per tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe e predicando la buona novella del regno e curando ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo.

9 commenti

  1. Tante volte c’ e’ la vecchia tentazione di vivere l’ altro come un avversario, in modo freddo e distaccato, come diceva in un suo libro Vittorino Andreoli:” in noi c’ e’ l’atavico istinto di eliminare il nemico, l’altro che ci si frappone come ostacolo al nostro cammino”. Pero’, riconosco il bene dell’ abbraccio che unisce e che tante volte e’ difficile dare perche’ il contesto sembra non permetterlo. Ed allora ci facciamo del male e lo facciamo agli altri.

  2. Il Corpo di Cristo siamo tutti noi testimoni del Suo Amore quotidianamente nelle piccole grandi cose. Nn esiste un Dio solitario ma esiste un Dio che per Amore è uscito da se stesso facendosi uomo e amandoci fino alla morte di croce. La conversione , il cambiamento del cuore è individuale ma la fede in Cristo Gesù va vissuta nella condivisione e nell’accoglienza sempre e comunque del fratello .

  3. La fede deve necessariamente condivisione. Anche condivisione conflittuale e difficile. Io spesso sono in conflitto, con me stessa, con gli uomini e con Dio, con il quale cerco di condividere il mio cammino quotidiano.
    E’ un momento particolare nel quale cerco di vivere la mia fede come tolleranza, ma mi accorgo che per gli altri non è così. Anzi proprio la famiglia della fede, proprio i tuoi fratelli possono diventare intolleranti e allora la tua fede potrebbe rischiare di diventare solo silenzio, per sfuggire a un confronto difficile, per allontanarti dal giudizio. L’ho già fatto e non voglio rifarlo, fuggire nel deserto e nel silenzio può essere solo la tentazione di un momento.

  4. Ho vissuto un lungo momento di “silenzio”. Adesso sono tornata e voglio condividere. Capita però che i fratelli “in fede” discriminino, allontanino, non amino condividere. Non voglio più il gelo della mia solitudine con Dio, perchè lui è umanità, anche malata, anche sofferente. Ma la Chiesa spesso respinge, giudica, ammonisce e io ho paura di ritornare in castigo. Spero che Dio respinga i fantasmi maligni che costringono il cristiano ad allontanarsi, ad abiurare e a rinnegare.

  5. C’è un solo modo di vivere la fede e di concretizzare l’Amore: La relazione con l’altro, che ci porta a uscire dal nostro ego.
    Posso calpestare un crocifisso di legno, una statua….ma, non potrei mai, se il mio incontro con il Signore é stato vero, ripeto non potrei mai calpestare mio fratello!! Signore aiutaci a vivere e a testimoniare il Tuo amore nella relazione…

  6. Ogni interpretazione ridimensiona il possibile tramite un’opera di pertinentizzazione che inevitabilmente è condizionata dalla sensibilità e formazione dell’interpretante e dai limiti materiali delle sue possibili scelte arbitrarie di sensi. Ma ciò che mantiene la mente al punto è l’oggettività della forma finita di un qualsiasi oggetto significante.
    Per chi non ha letto il romanzo e per chi non conosce la spiritualità ignaziana ma si avvicina a entrambi gli universi attraverso la visione del film, l’opea di Scorsese suggerisce che l’amore per il prossimo è un ricatto talmente forte da fare dell’apostasia una scelta “dolorosa” d’amore (You are now going to fulfill the most painful act of love that has ever been performed.). Il frutto dell’apostasia è l’accettazione, il rispetto e l’amore della “palude” che nella vita pubblica si risolve nel diventare gli esperti doganieri pronti a denunciare la simbologia cristiana bandita dal Giappone.
    No caro Padre! il film non suggerisce affatto che la fede vive anche di relazioni, ma tutto il contrario e cioè che la fede è un puro fatto di coscienza, coscienza che può ergersi sopra ogni legge (There is something more important than the judgement of the church….you will never do anything more important than this…) nell’illusione di donare la serenità di una salvezza effimera.
    Se un barlume di speranza c’è nel film è nella profonda nostalgia di Dio e della comunione con Lui che si sprigiona nell’ultima confessione di Kichijiro nella quale il padre Rodriguez capisce finalmente che Dio non è mai stato silente: It was in the silence that I heard Your voice. Ed era questa l’unica cosa del film che un credente si aspettava di vedere meglio rappresentata.
    Questo film ha tanti meriti tra tutti quello di aver ricordato i tanti martiri giapponesi ma non quello di aver comunicato la gioia dell’annuncio dell’unica vera Salvezza che ha un nome Jeshua.

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