Meditazione sul Vangelo
della XVI domenica del T.O. Anno A
23 luglio 2017
Mt 13,24-43
Sono inquieto, ma in Te c’è la pace;
c’è amarezza in me, in Te pazienza.
Bonhoeffer
Lucy è uno dei personaggi di Charlie Brown. È la ragazzina a cui piace fare lo psicologo dietro il chiosco della limonata. Quello diventa il luogo dove Charlie Brown e i suoi amici vorrebbero essere ascoltati, ma dove trovano solo risposte scontate e inutili. C’è un po’ di Lucy in tutti noi, soprattutto in noi preti, quando pretendiamo di dare alle persone soluzioni veloci alle loro domande. Quando qualcuno ci parla, spesso non stiamo neppure ad ascoltarlo veramente, ma dentro di noi stiamo già pensando alla risposta da elargire generosamente. Lucy ha almeno la coerenza di farsi pagare cinque cents!
Chi si rivolge a noi spesso ha bisogno di essere ascoltato, ma soprattutto di ascoltarsi, cioè di mettere fuori quel mondo confuso che ha dentro per poterlo vedere meglio.
Siamo precipitosi anche con noi stessi. Non ci diamo tempo. Abbiamo l’urgenza di arrivare a una conclusione.
Lo facciamo nei confronti del nostro mondo interiore, ma anche nelle valutazioni che costruiamo sui contesti che abitiamo. Spesso ci chiediamo come sia possibile che apparteniamo alla stessa Chiesa, alla stessa comunità, allo stesso partito. Uno degli aspetti più preoccupanti della cultura di oggi è la polarizzazione: ogni volta che qualcuno esprime un’opinione viene immediatamente etichettato dai media, viene considerato a favore o contro. Sembra che non sia più possibile esprimere un’opinione senza essere a favore o contro qualcuno. È il segno di una cultura violenta, che semplifica, uccidendo la possibilità di pensare. Pensare e decidere infatti richiedono tempo.
Il Vangelo di Matteo ne parla a partire probabilmente dalla realtà della prima comunità cristiana. Una comunità percorsa da contrasti e conflitti, dove alcuni si ritengono giusti e migliori degli altri e fanno fatica a convivere con quelli che sono giudicati falsi ed empi. Molto spesso la comunità cristiana è stata percorsa dalla tentazione della separazione: piuttosto che cercare di convertire l’altro, molte volte i cristiani hanno scelto di farsi da parte, di ritirarsi, di non contaminarsi, considerandosi migliori.
Le parabole che Gesù racconta in questo passo del Vangelo di Matteo sembrano dire che lo stile di Dio non è questo. Dio agisce con pazienza e piccolezza. Non ama i giudizi affrettati. Non attira l’attenzione. Agisce scomparendo. Ama prendersi tempo. Dio è esattamente agli antipodi rispetto alla fretta e al narcisismo della nostra cultura.
Quel mondo complesso in cui abitiamo ce lo portiamo dentro. Il grano e la zizzania ci abitano. Sono gli affetti contrastanti, le spinte oscure che ci muovono e a cui facciamo fatica a dare un nome. Se la zizzania si diffonde nel campo del mondo, nei contesti in cui ci troviamo, non può non abitare anche il nostro cuore. Il nemico semina la zizzania nel nostro cuore di notte, quando siamo più deboli, quando non vediamo bene cosa succede. La zizzania, dice Gesù nella sua spiegazione, è tutto ciò che contrasta con la parola del Vangelo: se Dio vuol spingerci verso la felicità, la zizzania è tutto ciò che ce ne vuole allontanare.
Come i servi della parabola, la prima reazione è quella di prendere le distanze dal male che scopriamo in noi. Cerchiamo un responsabile: padrone, non hai seminato del buon seme? La colpa è sempre di un altro. I servi non si chiedono se forse proprio loro non sono stati vigilanti.
Il padrone invita ad avere pazienza, perché il grano e la zizzania, quando spuntano sono molto simili. Così, anche quello che si muove dentro di noi, all’inizio non è così chiaro. Abbiamo bisogno di aspettare per vedere ciò che porta vita e ciò che invece la toglie. A quel punto sarà possibile cominciare a mettere ordine, distinguendo ciò che ci aiuta e ciò che invece ci danneggia.
A volte siamo frettolosi, è vero, ma altre volte rischiamo di aspettare senza fine. C’è un momento invece in cui riusciamo a vedere la differenza tra il grano e la zizzania, e allora abbiamo la responsabilità di intervenire. È il tempo della decisione.
Abbiamo bisogno di prenderci tempo, come il granello di senape ha bisogno di tempo per diventare un albero e il lievito per far crescere la pasta. Abbiamo bisogno di onestà per riconoscere che la zizzania è anche nel nostro cuore. Abbiamo bisogno di coraggio per arrivare a decidere quando le cose sono sufficientemente chiare.
Leggersi dentro
– Sei uno che cerca soluzioni facili o sai prenderti tempo?
– Cosa rappresentano grano e zizzania per il tuo cuore oggi?
“un giorno non ci sarà chiesto se siamo stati credenti, ma credibili” Rosario Livatino
Essendo una persona molto tecnica, posso affermare che spesso e volentieri cerco soluzioni, per me e per gli altri e a volte non do il tempo necessario per il silenzio per una decisione o per la relazione con Dio. In questo momento mi trovo ad un ritiro, proprio per riprendermi questa dimensione. La zizzania per me rappresenta il sentirsi già arrivato, di sapere già tutto di non sorprendersi per niente.
L’ha ribloggato su GET UP and WALK.
Ci vuole tempo… per riselezionare bene e discernere altrettanto. Slacciarsi da legami non sani e ritornare a capire chi si è’.
Le soluzioni facili sono per i problemi semplici e la risposta è rapida.
Per le questioni più complesse nelle quali ho estrema chiarezza, vengo preso da una sorta di abulia e mi affido fiduciosamente agli altri, ma vengo quasi sempre disatteso perdendo il miglior tempo della mia vita.
Il grano rappresenta la chiarezza, quindi il bene.
La zizzania rappresenta la confusione, quindi il male.
P. S. Vorrei mettere la mia foto su questo sito, ma non so come fare.
Grazie
Per tentativi ed errori