meditazioni

Da dove si esce? Quando la vita si aggroviglia

Meditazione per la

Terza domenica T.O. anno B

24 gennaio 2021

Gio 3,1-5.10   Sal 24   1Cor 7,29-31   Mc 1,14-20

«Ricevettero da lui le reti della parola di Dio

e le gettarono nel mondo,

come in un mare profondo».

Sant’Agostino, Discorso, 248,2

Intrappolati nella rete

Tutte le volte che entro nella Cappella San Severo a Napoli, dove è custodito il Cristo velato, la mia attenzione viene sempre rapita da una scultura collocata in una nicchia in alto a destra, raffigurante un uomo che si dibatte per liberarsi da una rete, è il Disinganno. Quell’immagine mi è tornata più volte alla mente, pensando alla vita, ai giorni che passano, ai problemi che dobbiamo affrontare. Sembra infatti che a volte rimaniamo impigliati in una rete dalla quale non riusciamo a liberarci. Rimaniamo bloccati nei nodi dell’esistenza, nei vincoli delle situazioni che non si sciolgono. Il rischio è che a un certo punto ci adattiamo o semplicemente non troviamo più la forza di liberarci. Oggi, ripensando a quella immagine, mi rendo conto che abbiamo sempre bisogno di qualcun altro che venga a toglierci di dosso quella rete in cui siamo intrappolati.

Liberati

In fondo è proprio quello che fa Gesù per i primi discepoli in questo passo del Vangelo di Marco. Troviamo qui quell’inizio, quella prima chiamata che continua a ripetersi nella vita di ogni uomo e di ogni donna. Tutti siamo chiamati a metterci dietro a lui proprio per essere liberati dalle reti in cui siamo rimasti intrappolati, forse anche semplicemente le reti di una quotidianità ormai spenta e senza colore. Siamo invitati ad alzarci, proprio come Giona, per uscire dalle nostre paure: Dio affida a Giona la missione di andare a predicare la misericordia a Ninive non solo per i niniviti: quella missione è prima di tutto per Giona, è lui infatti che prima ancora dei niniviti non crede nella misericordia di Dio.

Dalla sera al mattino

Proprio per questo Gesù passa lungo il mare, potremmo dire lungo i nostri luoghi di morte, ci raggiunge lì, dove rischiamo la vita. Il mare infatti per un ebreo è immagine delle tempeste che travolgono la vita e ci portano lontano, fino a morire. Gesù arriva lì di sera, quando si gettano le reti, e vi rimane per tutta la notte, fino all’alba, quando i pescatori sistemano le reti che hanno utilizzato per il loro lavoro. Nella notte non siamo soli, dunque, Gesù rimane lì e ci fa sentire la sua voce.

Testimoni insieme

Forse non è casuale che il Vangelo ci presenti Gesù mentre chiama, proprio all’inizio della sua missione, coppie di fratelli: Simone e Andrea, Giacomo e Giovanni. L’amore di Dio infatti non può essere annunciato solo a parole: le relazioni sono il primo e più importante veicolo di evangelizzazione. La gente crederà non tanto alle nostre parole, ma al modo in cui sappiamo stare insieme. Del resto, il libro della Genesi aveva insistito sulla difficoltà di essere fratelli: gli inizi dell’umanità ci presentavano al contrario relazioni fratricide, la fatica di vivere la relazione. Se da una parte Gesù viene a guarire quell’incapacità di stare insieme, dall’altra affida proprio alla fratellanza il compito primario dell’annuncio della buona notizia: da come vi amerete, sapranno che siete miei discepoli!

In ogni momento della vita

Mentre Simone e Andrea gettavano le reti per cominciare a pescare, Giacomo e Giovanni stanno ormai sistemando le reti. Gesù li incontra così, in due momenti della vita che possono avere un significato più ampio. Sono l’inizio e la fine dell’attività della pesca, due estremi in mezzo ai quali ci sono tanti altri momenti di una notte di lavoro: la speranza, lo scoraggiamento, la gioia, l’entusiasmo o l’abitudine. Qualunque sia la situazione che stiamo attraversando, Gesù ci chiama a seguirlo.

Gettare le reti e sistemarle rappresentano però anche due atteggiamenti. Coloro che gettano le reti, rimangono vicino alla riva (secondo una tipica modalità di pescare che ancora oggi si può vedere), non prendono il largo, non hanno gli strumenti per poterlo fare, si accontentano. Simone e Andrea sono coloro che nella vita forse non hanno più il coraggio di rischiare. Si sono sistemati e vanno avanti così, accontentandosi.

Giacomo e Giovanni invece rammendano le reti, provano a sistemare quello che si è usurato, sono ripiegati su quegli strumenti che hanno bisogno continuamente di aggiustamenti. Sono il simbolo di una vita in cui non abbiamo il coraggio di buttare via quello che non ci aiuta più a fare il nostro lavoro. Restiamo legati alle nostre vecchie reti e non riusciamo più a cercare nuove reti per rendere più efficace la nostra pesca.

Seguire

Forse quei primi discepoli non aspettavano altro che qualcuno che li tirasse fuori da quelle situazioni di abitudine e di morte. Forse è per questo che subito lasciano quello che li intrappolava per cercare un modo nuovo di vivere. Gesù offre loro innanzitutto una relazione: se nel Vangelo di Giovanni quella relazione è rappresentata dall’invito a stare con lui nella sua casa, qui la relazione è espressa da un legame: andare dietro a lui. È la relazione con Gesù che è liberante e riempie di senso la nostra ordinarietà.

Portare a compimento

Gesù trasforma la nostra vita non perché quello che abbiamo fatto fino ad ora non vada bene, ma semplicemente per mettere quello che siamo a servizio di qualcosa di più grande. È interessante infatti il modo in cui Gesù esprime il suo invito: eravate pescatori, questa è la vostra identità, quello che siete. E Gesù non vuole distruggere quella identità, ma desidera valorizzarla: vi farò diventare pescatori di uomini. Dunque, pescatori eravate e pescatori resterete, ma in un modo nuovo. Quando Gesù ci invita a seguirlo non sta dicendo che non siamo buoni a niente, anzi riconosce quello che siamo, per questo ci chiede di consegnare a lui questa nostra identità affinché possa portarla a compimento. Questa è la vocazione: non una distruzione, ma la pienezza!

Leggersi dentro

  • Ci sono situazioni in cui oggi ti senti intrappolato?
  • A cosa ti sta chiamando il Signore per rendere più significativa la tua vita?

3 commenti

  1. Accettare la sfida di continuare a seguirlo in novita’, non nell’abitudine. L’Amore genera nuove spinte verso gli altri, il nostro prossimo. Essere testimone, ancora e ancora del suo Amore, speso per i fratelli. Questo e’ cio’ che ci salva.

  2. Gesù mi chiede di guardare con tanta compassione al passato, è solo tempo compiuto. Certo che non sono stata perfetta ma ho fatto quello che potevo. Gesù mi chiede di stare con cuore grato nel pieno di questa lunga gravidanza verso un parto che sarà. Mi chiede di non credere ai sensi di colpa, il passato non si deve cambiare, il passato trova sempre una via per compiersi perché la vita si compie anche dove sembra irretita.

  3. Succede, come è successo a me in questi giorni che un improvviso e drammatico evento che avviene in famiglia ti costringe a sospendere tutto, persino le tue meditazioni, persino l’Eucarestia quotidiana. Diviene faticosa persino la messa della domenica. Poi fai carte false per andare e tutto ti sembra un rito, un teatro di marionette. Sei aggrovigliato nel male e non riesci a uscirne. Faticoso si. Come annaspare al largo senza vedere la riva.

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