Quinta domenica di Quaresima anno A
26 marzo 2023
Ez 37,12-14 Sal 129 Rm 8,8-11 Gv 11,1-45
L’uomo, destinato a morire,
si dà tanto da fare per evitare la morte,
mentre non altrettanto si sforza di evitare il peccato
l’uomo che pure è chiamato a vivere in eterno.
Sant’Agostino, Commento al Vangelo di Giovanni,
Omelia 49
Il peso delle pietre
«Mettiamoci una pietra sopra!»: quante volte siamo stati tentati di affrontare così le situazioni faticose della vita.
Eppure, se continuiamo a fare così, ci ritroveremo prima o poi sotto un cumulo di macerie! Pensiamo di dimenticare, ci illudiamo di cancellare le difficoltà evitando di affrontarle. In realtà quella pietra la mettiamo sopra noi stessi, fino ad arrivare al punto da non sopportarne più il peso. Di pietra in pietra, rischiamo di trasformare la nostra vita in un sepolcro.
Il sepolcro è l’immagine di tutte le nostre situazioni di morte, dove non c’è vita, dove ci sentiamo spenti e senza speranza. La nostra vita non può diventare un corteo funebre.
Il Vangelo di questa domenica ci assicura che Dio non si rassegna davanti alle nostre tombe. È vero, la vita, senza il Signore, diventa un sepolcro, proprio come dicono sia Marta che Maria, la sorelle di Lazzaro, ripetendo la stessa frase a Gesù: «se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto» (Gv 11,21 e 32). Sì, la vita diventa un sepolcro quando non è abitata da Dio. La vita si spegne quando Gesù è lontano.
Tutto il testo di Gv 11,1-45 ruota intorno all’immagine del sepolcro. Solo alla fine, negli ultimi versetti, troviamo il racconto della risurrezione di Lazzaro. Siamo chiamati a guardare ai nostri sepolcri, quelli che ci siamo costruiti e quelli nei quali la vita ci ha buttato, per chiedere al Signore di essere liberati: «Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi faccio uscire dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi riconduco nella terra d’Israele» (Ez 37,12).
L’amico malato
Tutti ci troviamo nella condizione di Lazzaro, il cui nome significa Dio aiuta. La chiave per comprendere questo testo di Giovanni si trova infatti nelle parole che i messaggeri, mandati da Marta e Maria, portano a Gesù: «Colui che tu ami, è malato». Siamo noi. Sono io colui che Gesù ama e che è malato. Questa è la realtà di ciascuno di noi. Gesù non si rassegna davanti a questa malattia e viene in quel mondo che è Betania, nome significativo anche in questo caso, perché vuol dire casa della sofferenza. In questo mondo, che è la casa della sofferenza, Gesù viene a svegliarmi.
Entrare nella sofferenza di un altro per guarirlo ha sempre un prezzo. Nel testo infatti i discepoli sono meravigliati di questa iniziativa di Gesù, perché vuole tornare in Giudea dove hanno appena cercato di lapidarlo. Gesù è disposto ad affrontare la morte per salvare l’amico: questo è l’amore! Del resto, poco più avanti, nel Vangelo di Giovanni, Gesù stesso dirà: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Gv 15,13).
Ricordiamoci anche che nel Vangelo di Giovanni, la guarigione di Lazzaro sarà uno dei motivi che accelererà il processo contro Gesù, perché quella risurrezione è considerata dai Farisei e dai Giudei come scandalosa e pericolosa.
Sapere o credere?
Davanti al sepolcro, davanti alla sofferenza e alla morte, ciascuno di noi reagisce in modo diverso. E a partire da quel sepolcro, ciascuno è chiamato a percorrere il suo cammino di conversione. Marta, per esempio, si renderà conto che, a fronte di tutte le cose che sa su Dio, nel profondo non crede che Gesù possa cambiare la vita delle persone. Nel testo, infatti, più volte, Marta ripete «io so». La sua fede è fatta di conoscenze, forse di studio e di approfondimento. Ma quando Gesù dice di rimuovere la pietra dal sepolcro di Lazzaro, Marta vorrebbe fermarlo, perché il cadavere manda già cattivo odore! Marta ha bisogno di percorre quel cammino che porta dal sapere delle cose su Dio al credere in Gesù. Del resto è la domanda che Gesù stesso le rivolge: «chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno. Credi tu questo?» (Gv 11,26). La risposta di Marta, che dice di credere, è però smentita dalla sua reazione davanti al comando di Gesù.
Esci dal tuo lamento!
Il sepolcro diventa talvolta il luogo del nostro lamento, il pretesto per trasformare la nostra vita in una commiserazione senza fine. Un motivo per non prendere in mano le nostre situazioni. Maria, l’altra sorella di Lazzaro, è ferma, seduta in casa, immobile. Il verbo che maggiormente le viene attribuito è piangere. Sembra che nella sua vita non sappia fare altro. Chi la vede piangere, persino Gesù, è travolto dalla sua commozione. Il pianto di Maria è contagioso. Ma anche per lei c’è una parola: «il maestro è qui e ti chiama» (Gv 11,28). Gesù ti chiama a uscire da quella vita che hai trasformato in un sepolcro. Non restare immobile, seduto sul pavimento della tua casa, trasformandola nel luogo del tuo lamento. Gesù ti chiama a uscire e a ritrovare la speranza.
Vieni fuori!
Gesù ridona vita a un cadavere che è già in decomposizione. A volte forse ci sentiamo proprio così, perduti e senza futuro. Ritornare a vivere sembra impossibile.
Gesù toglie la pietra pesante che sta schiacciando la nostra vita. Apre i nostri sepolcri, ma siamo noi che dobbiamo avere il coraggio di uscire e di affrontare la realtà. Questo cammino di liberazione non è immediato: Lazzaro ha i piedi e le mani legate dalle bende. Dio si serve di mediazioni: chiede ad altri di sciogliere quei legami. Forse anche noi siamo chiamati ad accogliere queste mediazioni nella nostra vita o a diventare mediazione per altri, portando libertà e speranza.
Leggersi dentro
- Da quali situazioni di morte il Signore ti chiama ad uscire?
- Qual è il cammino di liberazione che il Signore ti sta invitando a percorrere?
Faccio fatica ad accettare alcune persone che mostrano sempre di non assumersi le responsabilita’ e continuano a screditare ed a mettere in cattiva luce chi sbaglia. Vedono la pagliuzza degli altri e la trasformano in trave per gridare allo scandalo e non giudicano se stesse, o perlomeno, cercano di nascondere le proprie falle. Ma so che non spetta a me poiche’ solo Dio possiede il marchio di Caino ed e’ il Giusto. Forse, mi ha posto accanto per mediare. Rendimi salda, Signore. Perdona le mie presunzioni. Purificami. Continuo a lavorarci e quello che non riesco, ci sei Tu che ci pensi.
Bellissima riflessione. Grazie.
È vero spesso diciamo “mettiamoci una pietra sopra e andiamo avanti”. Ci facciamo del male, ma non è neanche facile superare quella morte vissuta. Se ne vorrebbe parlare, ma non trovi ascolto, vorresti credere in una resurrezione, un passaggio della vita, ma non è immediato. Ci vuole tempo…..
È per me un periodo pesante e non riesco a rimuovere le pietre che chiudono la luce. Io tento di agire, spostarle, ma non riesco.
Buongiorno Padre Gaetano, nel ringraziarla per il servizio che presta alla comunità dei credenti in Cristo, le esprimo un desiderio di scrivere la mia immediata sensazione dopo aver letto il paragrafo sull’autosalvezza della meditazione del 30 marzo 2023.
Sono però trattenuta, perché sicuramente sono un po’ marginale, persino un po’ celtica, un po’ “sincretista” e temo di disturbare.
Il fatto è che partendo da una sequela abbastanza rigida della mia infanzia e giovinezza, alle porte dei 60 anni mi trovo in questa condizione spirituale.
Ecco, Padre Gaetano, umilmente le confesso che la strada che ho trovato per essere più serena, più relazionale, più amica, più felice, piu aperta al mondo e alle sue bellezze, mi ha portato a credere “aiutati che il ciel t’aiuta”.
Ora, sono sempre alla ricerca di Cristo, ma rifuggo dalla vecchia devozione che mi aveva chiuso alla gioia.
Chiedo scusa se ho disturbato, ma mi piacerebbe davvero sentire un suo parere.
Buona domenica delle Palme e buona settimana santa.
Anna
Cara Anna, grazie per la tua condivisione. Ciascuno trova la sua strada per arrivare a Cristo. Per alcuni può essere una via più devozionale, per altri un modo più intellettuale e sobrio. Il Signore è più grande delle nostre vie. Ciò che importa è incontrarlo. A proposito di aiutarsi per essere aiutati, la sapienza cristiana ha sempre affermato che la grazia opera dentro la natura: lasciamo entrare il Signore nella nostra vita se glielo permettiamo, aiutandoci.