meditazioni

E’ meglio se non ti fai vedere! Quando gli altri ti fanno credere che sei sbagliato

Sesta domenica del T.O. B

11 febbraio 2024

Lv 13,1-2.45-46   Sal 31   1Cor 10,31-11,1   Mc 1,40-45

«Il dissoluto poi soffre perdite di sangue,
ed è coperto dalle macchie della lebbra
chiunque è volubile e bugiardo.
È necessario quindi che guarisca l’interno
colui che guarì l’esterno,
perché si facesse desiderare per guarire l’interno»,
Sant’Agostino, Discorso 63/A, 2

Tolleranza zero

Se continuano a dirti che non vali niente, se continuano a farti credere che sei sbagliato, se continuano a metterti ai margini, a non considerarti, alla fine ti convinci che hanno ragione loro.

Continuiamo a parlare retoricamente di giustizia riparativa, di reintegrare chi ha sbagliato, di promuovere la riconciliazione, eppure la dinamica delle relazioni è sempre più escludente: si va dalla tolleranza zero all’etichetta impietosa che non lascia margini di riabilitazione. Siamo una società che continua a produrre lebbrosi e, molto spesso, i sacerdoti che decretano l’impurità degli altri sono quelli che sulla piazza proclamano accoglienza e parità.

Taci e nasconditi!

Il libro del Levitico ci mette davanti a una dinamica assolutamente attuale: l’autorità stabilisce chi è impuro, decreta chi deve essere messo ai margini. Al lebbroso viene tolta la dignità, deve girare con le vesti strappate, viene messo a tacere, perché la bocca deve essere coperta, viene escluso, perché deve abitare fuori dall’accampamento. Ciò che conta davanti a questi testi di oggi è renderci conto di come queste dinamiche siano presenti oggi, ma è altrettanto fondamentale renderci conto che questo non è il desiderio di Dio!

Il desiderio di Dio

Davanti al lebbroso, la cui vita sta letteralmente cadendo a pezzi, il Signore non vuole che sia eliminato o distrutto. Gesù esprime a quest’uomo il suo desiderio che egli sia purificato. Anche noi dovremmo entrare in questo desiderio e lavorare non per la distruzione degli altri, per quanto lebbrosi possano essere, ma affinché siano purificati e salvati, reintrodotti nei circuiti della vita. Nelle parole e nelle intenzioni di Gesù il sacerdote non dovrebbe essere più quello che decreta l’impurità e l’esclusione, ma colui che certifica la guarigione e reinserisce nelle relazioni. Ho l’impressione che siano molto più diffusi tra noi i sacerdoti del Levitico, piuttosto che quelli a cui Gesù invia i lebbrosi di oggi.

Contaminarsi

La nostra guarigione non è per Gesù solo un desiderio, egli si coinvolge nella nostra malattia. Non rimane a distanza a valutare la situazione e a proporre teorie. Gesù si coinvolge, si avvicina, addirittura tocca il lebbroso. È la vicinanza di Dio, quella che dovrebbe essere la vicinanza della Chiesa, lo stile di ogni discepolo. Gesù si fa talmente vicino alle nostre malattie da essere considerato un malato. Condivide talmente tanto la vita dei peccatori da essere considerato un peccatore. Al contrario, lo stile più diffuso tra noi è quello di dare giudizi senza neanche conoscere la persona: siamo medici in differita, accusatori a distanza.

Compromettersi

Gesù chiede a quest’uomo di non raccontare la sua guarigione, non perché teme per la sua vita, ma semplicemente perché la conoscenza dell’identità di Gesù richiede un cammino. Il racconto di un prodigio non è sufficiente. Ma è impossibile trattenere la potenza di quello che Dio fa in noi.

Davanti al racconto di quest’uomo, la gente non pensa a lodare Dio, ma si preoccupa prima di tutto di difendersi: il primo pensiero è che se Gesù ha toccato quel lebbroso, allora anche lui potrebbe essersi contaminato. È un ragionamento che sentiamo spesso: se frequenta quella persona condannata, allora anche lui è un poco di buono! Spesso le persone vengono emarginate e restano sole perché è pericoloso frequentarle. Se ti capita una disgrazia, se sei accusato, se sei sospettato, immediatamente ti ritroverai da solo: amici e compagni si allontaneranno perché hanno paura di essere coinvolti nella sventura. Questo non è lo stile di Gesù! Gesù si compromette, non si vergona, non ha paura del giudizio.

Il privilegio dell’esclusione

Dio però sa trarre il bene anche da questo comportamento disumano: proprio perché la gente ha paura ed emargina Gesù, egli è costretto ad abitare in luoghi solitari. Dio non si trova tra la folla, ma nel silenzio. Proprio per questo, coloro che abitano quei luoghi solitari, gli esclusi, gli emarginati, hanno l’opportunità di incontrarlo e di stare con lui. Proprio loro che erano messi da parte, ora si ritrovano in una posizione di privilegio per incontrare Dio. Ed è così: se il mondo ti condanna, ti esclude, ti mette da parte, sarai nella condizione favorevole per poter incontrare Dio da vicino, perché lui abita quei luoghi, non altri.

  • Sei anche tu uno che giudica, esclude, mette etichette?
  • Qual è il desiderio di Dio per te oggi?

4 commenti

  1. Ho imparato ad andare oltre. Mi hanno esclusa colleghi perche’ non mi sono posizionata con loro ed ho mantenuto una certa lucidita’. Ho imparato a non cadere nella trappola dei malpensanti ed accidiosi. Ho sentito sulla pelle l’invidia e la calunnia. Hanno tenteto di diffamarmi ma ho continuato ad affidarmi all Misericordia di Dio e al suo aiuto. Ho pregato tanto. Mi sono rivolta a Maria, MDre nostra. Adesso, trovo chi ha apprezzato la mia integrita’, che mi e’ coststa tanto. Soprattutto non rendere pan per focaccia. Chiedendo la Grazia di perdonare.

  2. Condivido pienamente la vostra riflessione padre.Il lebbroso di questo Vangelo mi piace perché vá a chiedere aiuto direttamente a Gesù ,in cuor suo sa di potersi fidare di Lui .Incontrarlo è meraviglioso perché Lui non giudica ,non condanna ,non emargina: accoglie e guarisce.

  3. Sapere, accorgersi che c’è chi ci attende e attende solo che Lo riconosciamo…, che ne riconosciamo la forza e l’amore, è meraviglioso, liberante! Apprendere la logica del nascondimento, del silenzio orante può essere la strada giusta anche per noi🙏

  4. Fin da piccola sono sempre stata paragonata a figli migliori di me e le mie capacità non sono mai state prese in considerazione. Non ero capace di fare niente, ma non mi veniva data questa possibilità. Solo adesso, a distanza di tanti anni, grazie all’aiuto di un sacerdote e della preghiera, sono riuscita a fidarmi di me stessa e delle mie capacità

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