meditazioni

Dammi tempo! Il cammino della fiducia

Terza domenica di Pasqua – anno B

14 aprile 2024

At 3,13-15.17-19   Sal 4   1Gv 2,1-5   Lc 24,35-48

«Ecco, Cristo vive, ma in voi la speranza è morta.
Sì, Cristo è veramente vivo;
ma questo Cristo vivo trova morti i cuori dei discepoli.
Apparve e non apparve ai loro occhi;
era visibile e insieme nascosto».
Sant’Agostino, Discorso 235,2

Abbiamo bisogno di tempo

Il tempo svolge nella nostra vita un ruolo fondamentale: quando siamo rimasti delusi da qualcuno, abbiamo bisogno di tempo per recuperare la fiducia, quando abbiamo ricevuto una notizia drammatica, abbiamo bisogno di tempo per accoglierla e affrontarla, quando ci siamo sentiti abbandonati da Dio, abbiamo bisogno di tempo per ritrovare la speranza in Lui.

I racconti di Pasqua, ci mostrano come anche i discepoli abbiano bisogno di tempo per entrare in una nuova prospettiva, per ricordare quello che hanno vissuto, per rileggere anche gli eventi recenti e per arrivare finalmente a credere. La fede in Gesù non è un evento magico o immediato, ma è il frutto di un cammino, fatto anche di dubbi, di domande e di incertezze.

Il tempo di un cammino

Il testo di Luca, che leggiamo in questa domenica, continua a raccontarci di questi interrogativi: nonostante le notizie che arrivano, i discepoli sono descritti nell’atto di parlare tra loro, di discutere e ragionare, non vengono presentati come credenti ideali che immediatamente danno credito a quello che hanno sentito. Tutti noi abbiamo bisogno di fare un cammino per arrivare a credere in Gesù. Un cammino che non ci mette al riparo dai dubbi, ma che ci porta a vivere un’esperienza di incontro con il Signore, il quale non si rassegna davanti alla nostra incredulità.

Il Signore infatti entra nei nostri ragionamenti e nelle nostre perplessità: si mette in mezzo, riprende il suo posto nella comunità. Come sappiamo, i dubbi e le paure espropriano Gesù dal centro del nostro cuore. Ci sono altre preoccupazioni che prendono il sopravvento. Ma anche in questo caso, vediamo come per gli stessi discepoli non sia immediato riconoscere Gesù, proprio perché quando siamo presi dall’angoscia e dalla tristezza, Gesù stesso ci sembra un fantasma nella nostra vita.

Realtà o fantasia

 Un fantasma è una presenza inefficace, che può colpire sì la nostra fantasia (la radice è la stessa), ma che non è reale. Probabilmente anche per noi Gesù è diventato talvolta un fantasma, un ricordo, un’immagine, presente ma inefficace. Pensiamo che il Signore sia solo il frutto della speranza: vorremmo che ci fosse nella nostra vita, ma in realtà non c’è nulla.

Il Nemico ci persuade che è solo la nostra speranza che ci fa credere che Gesù sia realmente presente nella nostra vita. Credere che Gesù sia un fantasma vuol dire pensare che Egli non può veramente cambiare la nostra vita. Il Signore diventa un simbolo, un’icona culturale, un elemento di identità, forse anche uno a cui rivolgere preghiere e lamenti, ma nel fondo del cuore sappiamo che tutto questo è inutile, perché è solo un fantasma.

Discernere tra i sentimenti

Il cuore dei discepoli è attraversato da molteplici sentimenti. Il testo di Luca dice che sono sconvolti, pieni di paura, turbati, dubbiosi, provano gioia e stupore. Si tratta di sentimenti anche molto diversi tra loro, ma che si combinano insieme, creando una tempesta affettiva. Come non riconoscerci in questa varietà di sentimenti!

Anche il nostro cuore è spesso attraversato da sentimenti diversi, anche nei confronti di Dio. Sant’Ignazio chiamava questi sentimenti mozioni, perché ci spingono in qualche direzione. È importante fermarsi a leggere quello che si muove dentro di noi, è importante riconoscere quali pensieri ci sono dietro questi sentimenti, e discernere così se quei sentimenti vengono da Dio o se vengono dallo spirito cattivo, dal Nemico, che approfitta delle nostre paure per portarci lontano dal nostro bene.

Le ferite e la condivisione

Il Signore sa che abbiamo bisogno di sentire la sua presenza e di essere aiutati a riconoscerlo. Anche con i discepoli fa così, si fa riconoscere e lo fa attraverso due modalità molto significative: le ferite e la condivisione. Gesù mostra le sue ferite perché esse raccontano l’amore che ha avuto per noi. Quelle ferite, come anche le nostre, non sono inutili. Sono il segno di una storia d’amore. Gesù si fa riconoscere come colui che ha sofferto per me.

Il secondo gesto è la condivisione, mangiare insieme. È il segno della familiarità, ma soprattutto è un gesto che rimanda al Cenacolo, al luogo dove abbiamo vissuto insieme e al luogo in cui Egli ha consegnato il suo corpo e il suo sangue.

Quei due segni gettano luce sulla storia, aprono la mente, invitano a rileggere quello che è accaduto. Certo, ci vuole tempo. Gesù invita i discepoli a ricordare le parole che hanno ascoltato, il cammino che hanno fatto insieme. Soprattutto i discepoli di ogni tempo sono invitati a rileggere la passione di Gesù, la sua morte in croce e la sua risurrezione.

Abbiamo bisogno di tempo, ma solo attraverso questo cammino, che richiede tempo, possiamo diventare testimoni. Ed è proprio questo il compito che Gesù vuole affidarci: raccontare quello che abbiamo vissuto.

  • Dubbio, riconoscimento, testimonianza: a che punto è il mio cammino di fede?
  • Sento che la presenza di Gesù è efficace nella mia vita o lo considero solo una fantasia?

4 commenti

  1. “Pensiamo che il Signore sia solo il frutto della speranza: vorremmo che ci fosse nella nostra vita, ma in realtà non c’è nulla”

    a volte mi capita di pensarlo e tutto diventa grigio e senza senso

    ma poi capita qualcosa che mi “consola”, puntualmente arriva la Sua risposta e torna il sereno

  2. Spesso il dolore ci offusca la mente, il cuore…… tutto ci sembra perduto. Come i discepoli ci interroghiamo e cerchiamo una ragione, poi troviamo un colpevole 😕 che talvolta è proprio quel Signore che ci aveva promesso protezione e amore, di esserci sempre nelle nostre vite e invece ci sentiamo abbandonati, traditi. Momenti bui, drammatici da cui fatichiamo a venir fuori….alcuni soccombono…. Ma basterebbe lasciarsi aprire il cuore dalla lettura del Vangelo, i più fortunati potrebbero incontrare in un sacerdote/religioso/religiosa, laico ispirato coLui che non mente e che è pronto a tenderci la mano forata e piagata – la Sua più della nostra- e a spezzare con noi il pane. Ecco spezzare con Lui il pane, cibarsi di Lui è e sarà sempre un miracolo che restituisce la serenità se non la gioia, la forza per superare i momenti difficili. Grazie Dio

  3. Non sento Dio come vorrei, ma forse sono io che lo immagino in un modo sbagliato. La mia fede è in cammino e non so quanto sia lungo; ci provo a credere di più, ma alcune volte “cado” e quando succede, mi sembra di dover iniziare da capo…

  4. Il luogo del mostrarsi e condividere – penso anche vicendevolmente – è il Cenacolo, la comunità di donne e uomini che lo cercano stando insieme. E non è solo un luogo fisico ma molto di più. A me manca questo luogo che poi è la sua Chiesa.

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