meditazioni

Continuiamo a ballare! Meccanismi di difesa davanti alla crisi

Trentatreesima domenica del T.O. anno C

16 novembre 2025

Ml 3,19-20   Sal 97   2Ts 3,7-12   Lc 21,5-19

«O, fratelli miei,
se le pietre morte sentissero
quanto sono commiserate dalle pietre vive!
Qual è infatti la nostra preoccupazione? […]
Che cosa dobbiamo curare,
di che cosa interessarci,
se non di liberare la pietra dalla pietra?»,
Sant’Agostino, Discorso 24,2

Che vuoi che sia!

Sebbene sia stato un gesto certamente eroico, l’immagine dell’orchestra del Titanic che suonò fino alla fine, mentre il transatlantico si inabissava, resta un’emblematica immagine di un mondo che non vuole vedere quello che sta avvenendo. Succede infatti che nei tempi di crisi siamo maggiormente indotti a cercare situazioni che ci possano distrarre. Si tratta di un meccanismo di difesa che automaticamente mettiamo in atto, ma che nello stesso tempo rischia di impedire che ci attiviamo per trovare delle risorse adeguate che potrebbero aiutarci ad affrontare la crisi.

Alcuni esperti sostengono che la musica dell’orchestra del Titanic avrebbe creato tra i passeggeri un clima di sicurezza tale da rallentare le procedure per mettersi in salvo. In ogni epoca di crisi siamo più inclini ad ascoltare una musica piacevole piuttosto che prendere atto di quello che sta avvenendo. Anzi, in ogni tempo di crisi ci sarà chi metterà in scena spettacoli allettanti per impedire che vengano identificati i responsabili del naufragio.

Accade altrettanto anche nelle crisi personali e relazionali, quando siamo tentati di portare la nostra attenzione su altro pur di non prendere consapevolezza di quello che sta avvenendo: è una reazione che ci permette di evitare la sofferenza del momento, ma che non risolve il problema, anzi, molte volte, lo complica e lo aggrava.

Aprire gli occhi

Anche nel testo del Vangelo di Luca di questa domenica, che ci porta all’interno del discorso escatologico, cioè del discorso sui momenti finali, quelli appunto della crisi, troviamo i discepoli che sono rapiti, e distratti, dall’ammirazione per le belle pietre del Tempio. Al contrario, Gesù vorrebbe aiutarli a diventare consapevoli del loro tempo. Li invita a guardare i segni dei tempi che segnalano l’evolversi degli eventi e preannunciano la fine.

Si salvi chi può

Il tempo della crisi è un tempo apocalittico, cioè, come dice la parola, rivelativo. Nella crisi siamo scoperti, messi a nudo. Ciascuno viene fuori per quello che è. I discepoli, per esempio, si scoprono paurosi ed egoisti: chiedono a Gesù quando sarà la fine e, soprattutto, come possono capire quando è il momento di tagliare la corda: «quale sarà il segno?» (Lc 21,7). Nel tempo della crisi, molti, come i discepoli, penseranno prima di tutto a se stessi. Nelle situazioni difficili, le persone dimenticano il bene comune e cominciano a calcolare come salvaguardare i propri interessi. Ecco perché, nei periodi di crisi, è difficile trovare una politica che si preoccupi del bene comune. 

L’immagine spietata dei discepoli che emerge da questi versetti contrasta con quella della vedova che Gesù ha indicato immediatamente prima, all’inizio di questo capitolo 21 di Luca: una vedova che mette nel tesoro del tempio tutto quello che aveva per vivere. Una donna che non guarda al proprio interesse, ma che si spende fino alla fine per Colui che dà senso alla sua vita.

Questo lo dice lei!

Il tempo della crisi è sempre, come Gesù ricorda in questi versetti, un tempo di contrapposizioni e di ambiguità: popolo contro popolo e regno contro regno. Persino il messaggio evangelico diventa ambiguo: Gesù prevede già che la sua parola sarà strumentalizzata («Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: «Sono io», e: «Il tempo è vicino», Lc 21,8). Quando abbiamo paura non siamo lucidi, vogliamo risposte facili e immediate. Alcuni approfittano di questa debolezza. Bisogna essere vigilanti e verificare con attenzione se ciò che ci viene presentato come evangelico lo è veramente.

Fuggire o rimanere?

Nel tempo della crisi non è facile mantenere l’equilibrio, per questo Gesù invita a esercitare la virtù della ypomonè, espressione che vuol dire perseveranza, ma anche pazienza; letteralmente significa rimanere sotto, cioè sostenere, ma anche sopportare. Entrambi questi atteggiamenti sono fondamentali quando viviamo momenti faticosi e oscuri. È esattamente il contrario dell’atteggiamento dei discepoli che vogliono fuggire e liberarsi da ogni peso.

La crisi è adesso

Quando Luca scrive questo testo, la comunità a cui si rivolge sta probabilmente vivendo già il tempo della crisi. Le parole di Gesù vengono rilette alla luce del momento presente. E in fondo è quello che fa ogni comunità, in ogni momento della storia, quando ascolta la parola di Gesù nel presente. La comunità a cui Luca si rivolge ha visto probabilmente la distruzione del Tempio, che, terminato nel 64 d.C., era stato distrutto solo sei anni dopo, durante l’invasione dei Romani. Anche le persecuzioni di cui parla il testo si riferiscono probabilmente a persecuzioni cui la comunità ha assistito, forse quelle in cui erano stati uccisi Stefano e Giacomo.

Forse anche noi leggiamo questi versetti pensando al nostro presente, forse anche tra noi c’è chi continua a guardare le belle pietre o vuole che noi continuiamo a guardare le belle pietre per non diventare consapevoli dei segni della crisi e della nave che affonda. Questo Vangelo può essere un invito a svegliarci e a organizzarci per provare a trovare delle strategie per affrontare la crisi, senza mai perdere l’intima convinzione che il Signore è con noi e non abbandona la nave senza prima averci messo in salvo.

  • Come definiresti questo tempo che stiamo vivendo e qual è il tuo atteggiamento?
  • Nei momenti di crisi sei capace di confidare nella presenza del Signore o ti lasci prendere dallo sconforto e dalla sfiducia?

4 commenti

  1. Ho ri- trovato Dio dopo un grande dolore per un lutto, ho ri-trovato Dio che mi ha “inondato” di Grazia, che ha “trasformato” la mia interiorità. Un Respiro così Potente che non ho opposto alcuna resistenza, ho lasciato che Lui gradualmente lavorasse nella mia persona, che quel Dolore fosse il Punto di partenza verso la Vera conoscenza di me grazie a Lui, verso la consapevolezza del mio essere Sua Creatura. Per me un grande dolore è stato un’opportunità meravigliosa, ne sono così grata a Dio.

    L’accompagnamento che iniziò con un Padre gesuita, che mi “educò” alla preghiera, sulle orme di Sant’Ignazio…chi più di sant’Ignazio ci insegna quanto la Sua Conversione, il Suo Cammino di Santità sono stati possibili grazie alla ferita durante la battaglia di Pamplona, alla rinuncia a Barcellona perchè trattenuto nella grotta a Manresa. La Docilità allo Spirito…

    La Dolcezza dello Spirito Santo che “bacia” “accarezza” proprio in quei momenti o periodi in cui le pietre potrebbero sembrare macigni…no, tutto diviene “malleabile”, diviene “lavorabile” lasciandosi “trasformare” dalle Mani del Vasaio. La Vita esce nella sua potenza proprio nei momenti di prova.

    Grazie Gesù per la Tua Compagnia Costante nella mia vita. Cristina

  2. Il tempo che stiamo vivendo é un tempo particolare, ma è anche un tempo per riflettere.Essere consapevoli che il Signore ci lascia un messaggio di speranza, e che non ci abbandonerà mai. È importante affidarsi totalmente a Lui e vivere una vita sull’esempio del Vangelo.

  3. Grazie Padre Gaetano. Le parole che spezzi per noi ogni settimana, che fai diventare vero cibo, mi aiutano ad affrontare momenti difficili oppure accendono la luce sul grigio e nella nebbia per vedere meglio. Grazie di cuore, sembrano sempre scritte per me e mi aiutano molto. Con gratitudine prego per te.

    Paola Pietrobon cell: 339 5892472 paolapietrobon.studio@gmail.com paolapietrobon.studio@gmail.com

  4. Il tempo, questo tempo, è un tempo senza aggettivi, senza nome. Anzi, non abbiamo proprio la consapevolezza del tempo che è la consapevolezza di sè. Il mio cerca di essere un atteggiamento di ascolto e di studio. La presenza del Signore e la sua Parola sono l’unica lampada “per i miei passi”. Ho cercato, negli anni, surrogati che mi hanno riportato – come il giorno dell’oca – al punto di partenza: era vento vuoto, che ha agitato gironi vuoti, fasulli.

    Grazie sempre, don, delle tue tracce di riflessione.

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