Meditazione sul Vangelo
della Prima domenica di Quaresima (anno B)
18 febbraio 2018
Mc 1,12-15
Anch’io, per quanto mi avvilisca al tuo cospetto, stimandomi terra e cenere, so qualcosa di te, che di me ignoro.
Agostino, Confessioni
Qualche giorno fa sono stato con alcuni cari amici a Subiaco. Nell’ingresso al sacro speco, in alto a sinistra, troneggia l’immagine di san Girolamo con accanto un leone, dal volto mansueto, che sembra intento ad ascoltarlo. È l’immagine di un uomo che ha fatto pace con se stesso, ha incontrato la sua aggressività e non si è lasciato divorare. È forse però anche un’allusione alla diuturna frequentazione della Parola di Dio che ha caratterizzato la vita di san Girolamo, il quale ha letto e tradotto tutta la Sacra Scrittura. Nell’incontro con la Parola di Dio è riuscito a entrare in se stesso senza spaventarsi.
A volte pensiamo che le cose che ci danno fastidio siano fuori di noi, facciamo fatica a guardarci dentro e a scoprire la vera radice di quello che ci disturba, come.. quel giovane che diventò monaco in un antico monastero dove c’era un abate molto esperto. Il giovane era pieno di entusiasmo, ma dopo qualche giorno cominciò a scontrarsi con i suoi confratelli. Tutto in loro gli dava fastidio. Allora pensò di non essere fatto per la vita comunitaria e chiese all’abate di lasciare il monastero per andare a vivere da solo. Senza nessuno tra i piedi, sicuramente avrebbe potuto trovare Dio. L’abate gli diede il permesso.
Il monaco felice di essere ormai solo, già pregustava il tempo di pace che avrebbe condiviso con Dio.
Il mattino dopo si alzò di buon mattino, prese la brocca e si avviò verso il fiume. Mentre tornava, la brocca gli cadde di mano e si rovesciò tutta.
«Pazienza», disse il monaco, «tornerò di nuovo al fiume».
La seconda volta, mentre tornava, inciampò e versò tutta l’acqua.
Cominciava a perdere la pazienza, ma volle tornare di nuovo al fiume.
Quando per la terza volta, la brocca gli scivolò di mano, si infuriò e cominciò a prendere a calci la brocca. Ma mentre se la prendeva con la brocca, si rese conto di dove era il problema.
Allora tornò dall’abate e gli disse: «padre, ho capito, la rabbia era dentro di me».
La prima domenica di Quaresima chiede anche a noi di intraprendere questo viaggio nella nostra interiorità. Gesù è spinto nel deserto, nel luogo della solitudine, in cui si ritrova da solo con se stesso. Nel deserto ascoltiamo il silenzio e tutto quello che c’è in noi alza la voce. Sono i tempi della vita in cui siamo ricondotti davanti a noi stessi, siamo costretti a stare con noi stessi e a guardarci dentro.
Un tempo lungo di quaranta giorni, come quarant’anni è stato il tempo in cui Israele ha camminato nel deserto. Quaranta è simbolicamente il tempo di una vita piena, perché è la vita che nella sua pienezza continuamente ci mette davanti a noi stessi. Davanti a questa spinta a prendere consapevolezza di quello che si muove dentro di noi, siamo continuamente tentati di fuggire. Intravvediamo le belve che ululano nel profondo di noi stessi. Ci allontaniamo, illudendoci di coprire la forza selvaggia delle nostre fiere interiori con la nostra superficialità. Ci lasciamo distrarre persino da ‘cose spirituali’ purché non ci permettano di vedere quello che ci portiamo dentro.
Anche Gesù deve guardare dentro di sé. Sta per iniziare il suo ministero, il suo annuncio a servizio del Regno. Nella sua umanità è chiamato a leggere le motivazioni che si porta nel cuore. Il tempo del deserto è un tempo di chiarimento e di purificazione. Le attese sulla figura del Messia erano a quel tempo molteplici. Anche Gesù deve chiedersi a quali attese sta rispondendo: a quelle degli uomini o del Padre?
Nel Vangelo di Luca, Gesù dialoga con il tentatore, in questo modo Luca porta fuori, in maniera teatrale, quella dinamica che si sviluppa dentro di noi. Marco invece descrive un dialogo interiore, Gesù è solo, la tentazione si svela nella lotta con se stesso. L’esito di questa lotta è raccontato da Marco attraverso l’immagine di una serena convivenza con le fiere che abitano ogni deserto interiore: Gesù stava con le bestie selvatiche.
Come era avvenuto per Israele, il deserto è sempre il tempo della vita in cui sperimentiamo una solitudine abitata da Dio. Il deserto è certamente il tempo in cui emergono le paure, in cui pensiamo di non farcela, è il tempo dell’infedeltà e del tradimento, ma è anche il tempo in cui ci rendiamo conto che possiamo contare solo su Dio. Solo il deserto, in cui la vita di tanto in tanto ci spinge, ci permette di incontrare Dio nella maniera più autentica. Solo allora, saremo capaci anche noi di aiutare altri a trovare la pace.
Leggersi dentro
– Come accogli i momenti di solitudine, in cui la vita ti spinge a guardare dentro di te?
– Se ti fermassi a guardare dentro di te, cosa immagini che troveresti?
A volte cerco la solitudine ma non mi accade quando voglio. Se permetto alla stanchezza di sopraffarmi, ecco che mi sento sola. Opero una chiusura, l’isolamento, che non e’ esattamente la ricerca di Dio.
Attraversare il deserto affrontando le nostre bestie nascoste, senza paura
Sapendo che oltre il loro passo
Possiamo cominciare ad intravedere
L oasi dove fiorisce il giardino.
Buona Quaresima. Brunel
Tempo fa chiesi se qualcuno potesse aiutarmi a inserire su questo blog la mia foto, ma nessuno mi rispose. Se qualcuno è interessato alle mie sembianze umane può digitare su Google ” mensa Gianturco ” e nella lista troverà un video : INAUGURAZIONE MENSA DEI POVERI GIANTURCO NAPOLI. Dove all’inizio
( 013-016 ) converso e gesticolo con due volontari coniugi del mio tempo.
Quanti ricordi ! Appena giunto chiesi di Pasquale ad un sacerdote colombiano,
( Don Pasquale D’Agostino ) volontario della nostra comunità diventato sacerdote,
mi disse che era morto da tre quattro giorni, allora chiesi di suor Rosa, la Madre Generale e anche Lei era volata in cielo. Avevo saputo, molto tempo prima che Ella era la cugina di sua Santità Giovanni Paolo I°. Allora mi ricordai della mia irriverenza quando forzatamente le volli baciare la mano nella festa della comunità, ma fu pace fatta quando la incontrai l’anno successivo ed Ella mi sorrise abbracciandomi ed io la baciai sulla guancia.
E di Pasquale cosa dire, eravamo in perfetta sintonia sulla Carità, ma ricordo che non stava bene, ma era curabile, allora mi interessai per migliori cure, ma non mi richiamò più.
E’un piccolo peso che porto, avrei dovuto chiamarlo di nuovo, ma i molteplici problemi familiari e la mia malattia grave, ( se ne aggiunta un’altra tuttora gravissima, ma non mi arrendo ! ) me l’anno impedito.
E di suora Annamaria, l’avevo a stento riconosciuta, era molto dimagrita per problemi di salute, la chiamai ma non mi riconobbe, allora gli dissi subito: ” Sono il lupo cattivo ” era la parola d’ordine quando bussavo al portoncino per accedere
alla mensa in mattinata come volontario, allora mi sorrise.
Scusate la chiacchierata che centra come i cavoli a merenda su questo blog. Adesso sono molto stanco e domani devo alzarmi presto.
Un saluto come sempre affettuoso1