meditazioni

L’amore comincia dove finisce l’equilibrio. Elogio dell’amore imperfetto

Meditazione

per la Solennità della Santissima Trinità (anno B)

27 maggio 2018

Dt 4,32-34.39-40 Sal 32 Rm 8,14-17 Mt 28,16-20

 

Genitoris genitique suavitas

Agostino

 

Per concludere il mio corso su filosofia e letteratura, ho chiesto agli studenti di preparare dei racconti, scritti da loro, su un’idea filosofica. Mi ha colpito il fatto che molte di quelle storie parlavano di insoddisfazione, raccontavano di una ricerca insaziabile di benessere, di una frustrazione nel vedere sempre irrisolto il proprio desiderio di realizzazione, di una ricerca irreale che non trova mai compimento. Ne ho concluso che probabilmente l’imperfezione ci fa problema. Abbiamo in mente una forma e non ci diamo pace finché non l’abbiamo raggiunta, peccato che quella forma sia come il termine di un arcobaleno: è introvabile!

imperfezione

La storia è fatta di imperfezione, di forme da smussare, di cerchi venuti male. Questa è l’umanità da amare.

Alla fine del Vangelo, la Chiesa che viene inviata ad annunciare è una Chiesa imperfetta. Fin dall’inizio ci aveva accompagnato la simmetria del numero dodici: era l’ideale, il compimento del nuovo Israele, il modello che prende corpo. Ma ora la Chiesa si trova sciancata, senza un pezzo, barcollante, come un tempio greco senza una colonna: «Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato» (Mt 28,16).

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È quella la Chiesa inviata ad annunciare l’amore di Dio. Una Chiesa che si deve muovere: non può rimanere in Giudea, ma deve uscire, camminare, arrivare fino in Galilea, dove trova un pubblico imperfetto, poco ortodosso, che puzza di pesce e non ha l’odore dell’incenso.

A volte, anche noi preti, vorremmo delle assemblee perfette: quelle che comprendono le nostre parole, ma non troppo per non farci concorrenza, vorremmo dell’assemblee affettuose, ma non impiccione, vorremmo assemblee silenziose, ma anche gioiose. Invece ci troviamo davanti sempre assemblee imperfette, come la Chiesa nascente, ed è questa la Chiesa da amare.
assemblea

La Chiesa inviata ad annunciare l’amore di Dio è una Chiesa che dubita e persino un po’ ipocrita: «Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono» (Mt 28,17). C’è un atteggiamento esteriore che non corrisponde alla predisposizione interiore. È la nostra imperfezione di cristiani che continuano, fintamente convinti, nelle loro pratiche, mentre nel profondo ci lacera il dubbio. È l’imperfezione di ogni cammino spirituale, di ogni fede che si interroga, di ogni credente che non può non sostare un po’ nella stazione del dubbio.

Solo questa Chiesa imperfetta può annunciare l’amore vero, un amore che non è solitario, non è l’amore del numero uno, non è l’amore del motore immobile di Aristotele, beato nella sua perfetta solitudine, ma non è neanche l’amore del due, l’amore adolescenziale, l’amore della coppia chiusa in se stessa, dove io amo te e tu ami me e tutto il resto non esiste. Se l’amore dell’uno è l’amore del narcisista, di chi non vuole chiedere, di chi si considera l’origine e la fine del mondo, l’amore del due è l’amore della reciprocità sterile, l’amore che non dà frutto e che ben presto si svuota.

trinità

L’amore vero è quello dell’eccesso, l’amore fuori di sé, è l’amore che si consegna ad altri e non resta chiuso né nell’isolamento né nella reciprocità. Per questo l’amore vero può essere solo trinitario! È l’abbraccio tra il Padre e il Figlio consegnato all’umanità. È lo spazio della relazione tra il Padre e il Figlio dentro cui ogni uomo è invitato ad abitare. È la comunione che non si esaurisce nella reciprocità, ma che diventa dono per altri. Abbraccio, spazio, comunione, nomi diversi per dire Spirito santo!

trinità vallepietra

La vana ricerca della forma perfetta ci allontana dalla pienezza dell’amore perché ci chiude nell’isolamento dell’uno, nell’illusione di prenderci cura in maniera assillante del nostro io. Altre volte, quella vana ricerca della forma perfetta ci trascina nel vortice della reciprocità, in cui l’uno diventa misura dell’altro senza arrivare mai alla meta inesistente di un equilibrio consolidato. Non ci resta dunque che amare l’imperfezione, perché solo quando avvertiremo una mancanza, potremo essere riempiti.

 

Leggersi dentro

–          Che rapporto hai con l’imperfezione, ti spaventa o sei disposto ad accoglierla?

–          Che tipo di amore è il tuo: quello dell’uno, quello della reciprocità o quello trinitario?

 

10 commenti

  1. È la prima volta che entro in questo sito….lo trovo molto molto interessante…lo vado scoprendo pian piano…merita tempo.

  2. Sto vivendo un periodo di transizione, in cui cerco di capire come funziono.
    Molte delusioni, il senso di fallimento, quindi la difficoltà nelle relazioni, lì dove c’è sempre qualcosa che fa contatto e scatena il peggio di me, hanno un comune denominatore, il perfezionismo. Ma c’é una grande speranza, il potere rigenerante del perdono: la proposta paradossale del Signore, che mi ama proprio in quella e per quella parte lì che nascondo perchè mi sento manchevole, inadeguata.
    Che gioia aver avuto a disposizione questi anni della maturità che avanza verso la senescenza per fare questo lavoro interiore.
    Un laboratorio aperto per elaborare, sempre e di nuovo, una buona reciprocità.
    Attraverso lo sguardo dell’altro, al suo mondo diverso dal nostro, ricercare un equilibrio è ogni volta impegnativo, faticoso, ma necessario.
    Nulla avviene secondo le nostre aspettative.
    Non può essere.
    Se lo pensiamo rimaniamo delusi.
    Ci ritroviamo in situazioni spinose.
    La risposta può essere una domanda: quanto sono brava a non essere Dio?
    Grazie Padre Gaetano per questo spazio di condivisione.
    Lidia

  3. bellissimo commento grazie! Sono una paolina diffondo i suoi libri! Sto leggendo “il profumo dello sposo”! bellissimo!

  4. Ciao. Mi chiamo Israel, sono brasiliano, attualmente abito in Brasile, sono stato un paio d’anni in Italia e lì ho scoperto il vostro blog, mi piace tantissimo il vostro commento del vangelo domenicale. Grazie.

  5. Porto sempre con me questo senso di incompiutezza. Non do’ mai niente per scontato, soprattutto nelle relazioni. Le volte in cui lo faccio e’ perche’ mi aspetto che gli altri riempiano i miei vuoti, e li’crolla il palco. Ed in effetti, si deve distinguere ed accettare quello che gli altri possono dare e che sono. In genere, sono portata a condividere i “doni”. Anzi.

  6. Ti ho scoperto ieri, grazie ad una delle mie sorelle. Ancora prima da aprire le pagine, avevo intuito che Cajetanusparvus mi sarebbe piaciuto. Ebbene sì. È stato proprio così. Potrei chiamarti Cajetanus Magnus. Grazie per gli argomenti che tratti. Continuerò a leggerti. A presto ciao da Sebastiano.

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