Meditazione per la
Domenica delle Palme – anno C
14 aprile 2019
Venne uccisa una carne mortale,
ma con la morte venne uccisa la morte,
e a noi venne offerta una testimonianza di pazienza
e presentata una prova anticipata,
come un modello, della nostra resurrezione.
Sant’Agostino
Una storia in cui riconoscersi
Leggere quello che si muove nel nostro cuore è un’impresa difficile: spesso non ne abbiamo il coraggio, forse non riusciremmo neppure a portarne il peso. Incontriamo però a volte situazioni che ci svelano, storie nelle quali possiamo rivedere la nostra storia. È più facile riconoscersi nelle vicende di un altro che giudicare direttamente le nostre azioni: vedere delle somiglianze con un’altra storia è molto più sopportabile che parlare direttamente di noi stessi.
Il racconto della passione di Gesù ci permette di rileggere la nostra vita. È un testo nel quale possiamo ritrovare le dinamiche del cuore umano.
Il racconto di Luca, in particolare, si svolge nell’arco di una notte: si passa dalla sera della condivisione della cena, alla notte della preghiera angosciata, del tradimento e della condanna, fino a quando si vedono spuntare le luci del sabato. È la notte che ogni cuore attraversa, sebbene non sempre si riescano a scorgere le luci del mattino.
Ma ancor più sorprendente è che queste dinamiche umane siano attraversate da Dio: Gesù sta dentro questa umanità fino a esserne travolto. Dio e l’uomo sono impastati dentro la stessa storia.
Mentre rileggo questo testo, posso chiedermi allora in che modo Dio sta attraversando la mia vita.
Ritrovare la strada
Ripercorrere il cammino della passione vuol dire, per Luca, ritrovare la strada verso la casa del Padre. Colui che ripercorre questo racconto, rileggendo la propria vita, è il figlio minore della parabola che continua a cercare la strada verso la casa del Padre: nella morte di Gesù il velo del tempio si squarcia, la casa di Dio si apre definitivamente, non c’è più nessuna porta che possa essere chiusa.
Nel racconto di Luca, il figlio che si è perso e sta cercando la strada per tornare verso la casa del Padre è innanzitutto Pietro.
Attraverso i suoi occhi, anche noi possiamo ripercorrere quella strada. Pietro è il figlio che dice al padre che andrà a lavorare nella vigna, ma poi non vi andò: «Signore, con te sono pronto ad andare anche in prigione e alla morte»…«non lo conosco…non lo sono…non so quello che dici».
Situazioni che ci svelano
Senza che lo vogliamo, la vita ci mette davanti a delle domande alle quali non possiamo sottrarci. Capitiamo per caso dentro situazioni che ci fanno venir fuori come siamo veramente, che tirano fuori quello che ci portiamo veramente nel cuore: Pietro si era avvicinato a un fuoco per scaldarsi, e invece trova una luce che lo svela.
Come il figlio minore ha dovuto fare l’esperienza della carestia degli affetti, così Pietro deve fare l’esperienza del pianto, dovrà incontrare l’amico tradito attraverso gli occhi bagnati dalle lacrime. Le lacrime permettono di vedere il mondo da un’altra prospettiva che non è più quella della potenza, dell’illusione e dell’audacia, ma quella dell’umiliazione, della fragilità e del bisogno.
Pietro dovrà tornare all’ultimo banco per imparare da quelli che in maniera anonima, e talvolta inconsapevole, sono i veri discepoli: l’uomo che sopporta la croce senza averla scelta, Simone di Cirene, che silenziosamente, senza neppure rendersene conto, aiuta Dio a compiere il suo cammino; le figlie di Gerusalemme che non si separano mai dallo sposo, ma anzi lo seguono anche quando lo sposo ha perso la sua bellezza e il suo vigore; Pietro deve persino imparare da un malfattore, che davanti alla croce riconosce la propria colpa e si lascia accompagnare a casa.
Nei giochi di potere
Pietro è l’uomo che si ritrova in mezzo ai giochi di potere: mentre Gesù parla di alleanza, di amicizia, di ricostruire le relazioni, i discepoli parlano di brama per la vittoria (è il termine greco che nel testo traduce la lite tra i discepoli), litigano, discutono, cercano il potere. In fondo, anche se hanno seguito Gesù, non hanno mai smesso di pensare al potere, al successo, all’affermazione di sé. Chissà da quanto tempo tenevano nascoste quelle due spade. In fondo non si sono mai fidati pienamente di Gesù, ma si sono tenuti sempre da parte la loro soluzione umana. Siamo davvero disposti a rinunciare alle spade che teniamo da parte?
Di che cosa abbiamo fame
Come il figlio minore, anche Pietro deve tornare ad avere fame: come il Padre divise le sostanze tra i figli, Gesù divide il suo corpo tra gli amici. Ma a Pietro non basta. Ha il cuore pesante. Si addormenta. Si perde in un giardino. Si perde perché non sa neppure quello che sta cercando. Il suo vero pane è l’amico, ma non l’ha ancora capito.
Come il figlio minore si incollò ai porci di un padrone, Pietro si incolla al fuoco di un cortile, ma proprio lì, nel momento più profondo della sua perdizione e nella lontananza dall’amico, scopre di cosa ha veramente fame. Solo allora può riprendere il cammino verso casa.
Leggersi dentro
– In che modo il racconto della passione legge quello che sta avvenendo nel tuo cuore in questo momento della tua vita?
Cosa puoi fare per ritrovare la strada verso la casa del Padre?
versione originale su http://www.clerus.va
Grazie.
Una rilettura della passione di Cristo da un’angolazione tutta nuova.
… da rileggere e meditare …
La preghiera e’ la strada che collega al Signore. Qualsiasi esperienza di comunita’ di uomini che si riuniscono attorno alla Parola avvicina e mette in contatto- relazione con Lui. E si prova una gran pace. Sempre, ma soprattutto in questo periodo, bisogna ritornare al Padre ed a suo Figlio.
A prendere sul serio l’intenzione del Signore di fare Pasqua nei nostri pensieri corpi giorni c’è da spaventati. La sua passione è una vampata incandescente che purifica l’egoismo, mortifica la superbia, mette a tacere la presunzione.
Nella fase della condanna di Gesù qualcuno, Giuseppe di Arimatèa, ha tentato esponendosi di aiutarlo; mentre lo conducevano verso il luogo chiamato Cranio, alcune donne volendo ma non potendo aiutarlo lo seguivano con lamenti.
Questi passaggi mi proiettano in quelle vicissitudini di difficoltà e sofferenza, vissute da una persona che è in grado e si prodiga ad assistere e aiutare in un lungo e continuo impegno. Al prolungarsi e distendersi delle difficoltà, in un momento puoi trovarti su un filo di lana che sapare il buono dal cattivo umore. Arrivato vicino al limite, se non riaccendi l’emotività, è sufficiente la forza di un battito d’ali di farfalla per perderti.
Durante l’impegno emotivo, contemporaneamente all’elaborazione mentale del da farsi, chiedi di avere sempre quell’energia, quella forza necessaria,
quell’aiuto dall’Alto per continuare a servire. Vicino al limite, ti chiedi che male hai fatto per trovarti in una situazione che ti circonda come le mura di una prigione.
Spero di non arrivare a quest’ultima, ma una preghiera è sempre presente, a volte arriva un riflesso appannato, l’intuizione intellettiva non sempre è pari alla muta richiesta, i riflessi mentali e fisici non sempre sono pari al livello della situazione da risolvere, quindi dove non riesco, manco, la richiesta al Padre che compensi i miei vuoti.