Meditazione
per la II domenica dopo Natale – anno A
5 gennaio 2019
«Il Signore nostro Gesù Cristo
si è fatto uomo per cercare l’uomo che si era perduto»,
Sant’Agostino
Una nuova storia
Se è vero che spesso noi consideriamo gli altri come un libro già letto, Dio desidera invece scrivere con noi capitoli nuovi. Non solo davanti alla vita degli altri, ma anche ripensando alla nostra storia, pensiamo in genere che i giochi sono ormai fatti, che non ci sia più nulla da dire. Gli altri ci stanno davanti come film già visti, non ci aspettiamo niente di nuovo. E persino a noi stessi non diamo la possibilità di raccontare qualcosa di nuovo. Sulle vite degli altri mettiamo etichette ben visibili e superficiali, ma che ci aiutano a non dover ridiscutere il nostro modo di stare dentro quelle relazioni. Davanti alla nostra stessa vita restiamo invece schiacciati dal peso del passato: un romanzo già troppo lungo per pensare che la trama possa cambiare.
Ricominciare
Al contrario, Dio continua a proporci di ricominciare. L’inizio del Vangelo di Giovanni riprende infatti le parole del primo racconto della creazione: In principio Dio disse…In principio era il Verbo. In entrambi i casi c’è una parola che ricomincia la conversazione. Sappiamo bene che quando non ci diciamo più niente, quando piomba il silenzio, quando non abbiamo più il coraggio di farci sentire, vuol dire che la relazione non funziona più, qualcosa si è spezzato. Dio ci propone di ricominciare a dialogare. Egli riprende l’iniziativa, ricomincia a parlare, ci chiede di fermarci un momento ad ascoltare.
Il peccato dell’uomo, dopo la creazione, aveva interrotto bruscamente quella conversazione. L’uomo non aveva dato peso alle parole di Dio. E’ un po’ quello che avviene quando ascoltiamo gli altri in modo distratto. Mentre ci parlano stiamo già pensando a quello che dobbiamo fare dopo. E allora la relazione si spezza. Per questo, oggi, Dio ci invita a ricominciare.
Ti parlo di me
La parola illumina la relazione, perché quando parliamo comunichiamo qualcosa di noi stessi. Proprio per questo è terribile non sentirsi ascoltati, è molto più di una distrazione: quando non ascoltiamo, stiamo dicendo che l’altro per noi non è importante. Quando non ascoltiamo la Parola di Dio, stiamo altresì mostrando che la sua presenza nella nostra vita è irrilevante. Più di ogni altra parola, la Parola di Dio è luce, perché è sempre un momento di rivelazione: Dio si racconta, si comunica, si rende presente nella nostra storia.
E la nostra storia è fatta anche di tenebre, è fatta di peccato e di dubbio, di dolore e cattiveria, ma è proprio lì che Dio vuole parlare, Dio vuole rischiarare il buio della vita per far emergere quello che c’è di buono. La sua parola, proprio perché fa luce, ci permette di attraversare l’oscurità del nostro tempo. Eppure, dice il Prologo di Giovanni, proprio i suoi non hanno accolto questa luce. Proprio noi che conosciamo il Signore, proprio noi che sappiamo verso dove vuole condurci quella luce, facciamo finta di non ascoltarla. Come Adamo, vogliamo diventare padroni del giardino che Dio ha messo nelle nostre mani. La nostra autosufficienza è la tenebra nella quale ci perdiamo.
Luce che rivela
La luce si lascia portare nel mondo. Giovanni Battista è il primo che raccoglie quella torcia e la porta nel buio del suo contesto sociale e religioso. È il primo testimone. Da allora in poi, quella luce passa di mano in mano e chiede di essere portata nell’oscurità di ogni tempo. Portare quella luce implica un rischio: essa innanzitutto rivela colui che la porta. Avvicinandoci a quella luce e prendendola in mano per portarla agli altri, il nostro volto ne viene illuminato, siamo svelati a noi stessi e agli altri. Il testimone è colui che porta il Vangelo nel mondo, ma non è possibile annunciare Cristo senza che la nostra vita ne sia giudicata.
Nuova evangelizzazione
La Parola di Dio non può essere manipolata, perché essa ha preso un Volto. Non è mai la nostra parola, perché la Parola è una Persona. Colui che annunzia il Vangelo è chiamato a portare Cristo non le sue idee su Cristo. Ritornare a evangelizzare, dare un volto nuovo all’evangelizzazione, vuol dire dunque riscoprire il volto di Cristo, ritornare a Lui con tutto il cuore. Il Verbo si è fatto carne: non abbiamo più solo la Parola, abbiamo Colui che parla! La parola ha preso una carne, ma proprio per questo si è resa fragile: la nostra carne è la condizione che ci rende vulnerabili. La carne è infatti ciò che ci rende deboli, il mezzo attraverso il quale sentiamo dolore. Dio si è incarnato, cioè ha scelto di sperimentare la nostra sofferenza, per essere un Dio solidale e non un’idea lontana.
Leggersi dentro
- Qual è il tuo modo di comunicare? Ci sono delle relazioni nelle quali è necessario tornare a parlare?
- Come valuti il tuo modo di ascoltare e portare la Parola di Dio agli altri per testimoniare Cristo?
Penso di aver acquisito, negli anni, la capacita’ di trattenermi dalle reazioni immediate. Cerco di riflettere di piu’ ma non e’ detto che non sbotti, soprattutto nelle relazioni strette. Non sono io a poter dire di testimoniare Cristo. Credo che traspaia nelle mie azioni e relazioni quotidiane l’importanza della fede nella mia vita. So che non sono perfetta e non ho la presunzione di esserlo.