Meditazione per la
Festa della Santa Famiglia
di Gesù, Maria e Giuseppe
29 dicembre 2019
«L’ombra delle tue mani,
padre,
è come una nave
che transita sul mio corpo,
che è terra,
terra sfinita».
Alda Merini
Gratuità e distanza
Diventare genitore non è mai stato facile. Significa lasciarsi espropriare dalla propria esistenza, non essere più centrati su se stessi. Si diventa genitori quando si è capaci di donare la vita a qualcuno, senza pretendere di diventarne padroni. È lo spazio della gratuità. Per questo si diventa genitori non soltanto o non semplicemente quando si concepisce un figlio, ma si diventa genitori quando si dà la vita per qualcuno, lasciando che scelga la strada da percorrere. Si diventa genitori quando si è disposti a vedere un figlio, mentre percorre una strada che non è quella immaginata.
Genitore è chi non è ossessionato dal tentativo di produrre una propria fotocopia che si distenda nel tempo. Non è genitore chi pretende di manipolare la vita affinché gli dia soddisfazione. Come Maria, ogni genitore viene attraversato da una spada, quella spada che chiede di mettere una distanza. La relazione tra un genitore e un figlio è sana quando non diventa fusione, ma accetta la separazione inevitabile. Quella separazione necessaria, che avviene nel taglio del cordone ombelicale, si deve poi realizzare nuovamente nello sviluppo della vita.
La crisi della paternità
La nostra cultura, lo sappiamo, attraversa una crisi di paternità. Non ci sono più padri. Non ci sono più coloro che accettano di morire affinché il figlio possa vivere. Se i padri sono aggrappati alla loro giovinezza, diventano come quel Re Laio che impediva a Edipo, non riconosciuto come figlio, di passare nella strettoia della strada prima di lui. Oggi ci sono sempre più padri adolescenti, che subiscono il ricatto affettivo dei figli: hanno non la tentazione di abbandonare, ma la paura di essere abbandonati. Ci sono padri che occupano tutta la scena, relegando i figli a figure di contorno o trofei da esibire.
Giuseppe, padre che ascolta Dio
Il Vangelo di Matteo ci presenta invece la figura di Giuseppe come colui che è pienamente coinvolto nel compito di proteggere e difendere la vita del figlio. In pochi versetti, Matteo rievoca tre appelli che Dio rivolge a Giuseppe nel sogno. È il segno di una relazione profonda tra Dio e quest’uomo. Giuseppe è continuamente in ascolto di Dio. Non interpreta il figlio come sua proprietà, ma se ne prende cura come un dono che Dio ha consegnato nelle sue mani. Giuseppe è talmente preoccupato di ascoltare Dio che nel Vangelo non parla mai. Ascolta Dio e agisce.
Il Salvatore salvato
Giuseppe si alza nella notte, sa che deve affrontare l’oscurità della vita del figlio. C’è un futuro sempre incerto, una vita da costruire. Non ci sono garanzie o certezze. Si diventa genitori quando non si fanno più calcoli, si dona la vita e basta, perché è proprio in quell’atto di generosità che si incontra la pienezza. Anche Giuseppe deve affrontare la notte della vita di Gesù, non sa dove porterà quella strada, ma per ora l’unica cosa che conta è difendere la vita del Figlio. Attraverso Giuseppe, Dio ci fa incontrare il paradosso del Salvatore salvato: nella sua umiltà e nel suo amore per l’umanità, Dio si lascia salvare dall’uomo per preparare la salvezza dell’uomo da parte di Dio.
Le paure di un padre
Giuseppe è raccontato da Matteo anche con le sue paure: torna nella terra di Israele, come Dio gli ha indicato, ma viene a sapere che il figlio di Erode ha preso il posto del padre. Anche il potere si riproduce. Giuseppe non è né ingenuo né idealista, vede la realtà e si interroga. Solo il dialogo e la fiducia in Dio gli permettono di affrontare una realtà che non sembra rassicurante.
Modi diversi di essere padre
Così come Giuseppe è modello del padre, Erode è il modello di colui che non riesce a diventare adulto. Erode cerca il bambino per ucciderlo. Erode vede nel bambino l’antagonista, colui che può portargli via il potere. L’interesse di Erode è una finzione, vuole manipolare la realtà solo per assicurarsi il suo potere.
Anche nel nostro tempo l’antitesi tra Giuseppe ed Erode si ripropone, sono modelli diversi e antagonisti di essere padre. Uno dei grandi passaggi che stiamo vivendo si gioca oggi su questa alternativa. Si tratta di scegliere quale modello di adulto vogliamo proporre, ma si tratta anche di decidere quale modello formativo, sia nella vita ecclesiale, ma anche nella realtà politica e sociale, vogliamo presentare: quello del padre adulto come Giuseppe o quella del potente adolescente manipolatore come Erode. E la risposta non è così scontata.
Leggersi dentro
- La famiglia è spesso luogo di tensioni e di conflitti: cosa stai facendo per prenderti curare delle relazioni familiari?
- In che modo tieni conto del tuo dialogo con Dio nell’educazione di tuo figlio?
….la fatica di crescere dei ns figli, è la stessa di noi genitori di diventare adulti…
Buona sera don Gaetano, sono un genitore di cinque figli, in queste due ultime settimane ho sperimentato che non ascoltare la parola di Dio è come entrare nell’oscurità. sono stato preso dalle paure delle scelte dei miei figli, paura del futuro, paura della precarietà economica e tanta invidia e gelosia dei mi cari, tenendo Dio dalla mia vita, Dopo una lite con mia moglie ho capito quanto danno ho fatto alla mia famiglia in queste due settimane e quanto è pericoloso non ascoltare la Parola di Dio. Grazie Don Gaetano che Dio ti Benedica sempre
I figli! Questo grande mistero. E’ uno di quegli amori che rimarra’ eterno, cosi come quello per la propria madre e per il proprio padre. E’ difficile essere equi ed equilibrati. C’e’ un’enorme appartenenza del cuore. Come madre mi rivedo nella mia. Come vedo com’e’ importante la figura di riferimento del padre, protettivo ma responsabilizzante; affettuoso ma con regole ferme. E certamente il nostro modo di essere famiglia ed amarci, o contrastarci, si riflette nel suo modo di essere sereno e di apprendere come stare insieme. Mi chiedo, e vedo, nella mia professione, quanto questo sia fondamentale per i giovani, ed anche per gli adulti che portano in se’ storie frammentate, che non li aiutano a far chiarezza circa l’esigenza di porsi un obiettivo di vita, giusto per la cura di se’ ed il rispetto per se stessi e per gli altri. Questo modello di famiglia io l’ho introiettata da piccola, nonostante la perdita del papa’. C’e’ stata tutta la sua famiglia che si e’ attivata per accompagnarmi nel percorso della crescita, secondo il modello cristiano. E questo ne ha rafforzato il significato, prendendo la connotazione di VALORE.
Sublime grande padre Gaetano.
Ci sono momenti nei quali i rapporti familiari ti.pongono.necessariamente nelle mani di Dio. Nel mio caso avrei dovuto imparare a seguirli da subito! A volte la Fuga e.l’affidarsi a Dio può essere un momento di.salvezza per l’umanità intera.
La famiglia resta una bottega artigiana: è un lavorìo che dura nel tempo, molte volte oscuro, incompreso.
Ho sperimentato che il silenzio e la testimonianza valgono quanto cento sfuriate, mille discorsi; ma si sperimenta anche il senso del limite, un rimettere tutto inevitabilmente nelle mani di Dio. Un senso di finitudine lo si sperimenta in famiglia più che altrove.