meditazioni

Non trovo più la chiave per uscire. Pasqua al tempo della quarantena

Meditazione per la Seconda domenica di Pasqua – anno A

19 aprile 2020

“Egli, pur avendo compiuto miracoli, si sottopose al dolore”.

Sant’Agostino, Sermo 231,5

Chiusi dentro

La paura è quella pietra che spesso usiamo per sigillare il sepolcro della nostra vita. Ci chiudiamo dentro quando le cose non vanno come noi vorremmo. Ci chiudiamo dentro quando restiamo delusi. Ci chiudiamo dentro quando ci sembra di non avere il coraggio di affrontare la realtà. Anche in questo tempo, spaventati da una normalità che sembra non voler più tornare, ci siamo chiusi dentro. Rischiamo però che le nostre case si trasformino in un sepolcro se perdiamo la speranza. È Pasqua, la pietra tombale è stata rotolata, il sepolcro è aperto, le nostre case invece sono chiuse. Sembra di vivere un paradosso, dal quale possiamo uscire solo spalancando le porte del cuore alla speranza.

Il sepolcro è aperto

E questa domenica ci ritroviamo di fronte a una pagina del Vangelo, in cui leggiamo che anche i discepoli si sono chiusi dentro, nel cenacolo, mentre la tomba di Gesù, al contrario, è ormai vuota e aperta. I discepoli hanno paura, hanno chiuso le porte. Hanno paura di quello che c’è fuori, hanno paura di morire, hanno paura di essere sconfitti, di non essere capiti, hanno paura di costatare che i loro progetti e le loro speranze si possano rivelare un fallimento. Forse anche noi, oggi, abbiamo paura di costatare che la fiducia nelle grandi risorse dell’umanità, l’idolatria della scienza, la pretesa di onnipotenza, il senso spavaldo che ci dava l’impressione di essere invincibili, si riveli un fallimento. Rischiamo di chiuderci dentro per la paura di costatare che non è andato tutto bene e che c’è un mondo da rifare.

Le porte del cuore

Nel nostro dramma, che ha dunque molti elementi simili all’esperienza dei discepoli, Gesù non ci lascia soli, ma entra nel luogo della nostra paura per rimuovere la pietra che pesa sulle nostre vite.

Benché le porte del Cenacolo siano chiuse, Gesù non si rassegna davanti alla desolazione dei discepoli: attraversa quelle porte che somigliano molto alle porte chiuse dei nostri cuori che non vogliono più correre il rischio di sperare.

Il primo dono di Gesù alla comunità è il dono della pace. Abbiamo bisogno di ritrovare pace nel nostro presente per essere capaci di portare il perdono nelle relazioni lacerate, nei conflitti familiari, nelle diatribe che nascono dalla ricerca del proprio interesse personale. Sì, abbiamo innanzitutto bisogno di pace nelle nostre vite che non riescono più a immaginare un futuro. Abbiamo bisogno di accogliere prima la pace del Risorto, poi possiamo cominciare a riorganizzare il domani.

Ricostruire la speranza

Quando ci troviamo sotto il peso della paura è difficile credere che Dio possa cambiare la storia. La consolazione torna subito a lasciare il posto alla disperazione. Quando la fiducia è stata messa alla prova, quando la realtà ci ha deluso, quando ci siamo sentiti sconfitti, facciamo fatica a ricostruire la speranza. Non è un cammino immediato. Proprio per questo Gesù continua a visitarci con il suo amore paziente.

Dubbio legittimo

Otto giorni dopo infatti, dice il testo del Vangelo, le porte del cenacolo erano ancora chiuse, nonostante la visita di Gesù. L’esperienza dell’incontro con il Risorto non cambia automaticamente la nostra vita. La tradizione popolare si è ritrovata nell’incredulità di Tommaso fino a trasformare il discepolo nel prototipo dell’uomo diffidente. Bisognerebbe chiedersi però come avrebbe potuto Tommaso credere a quello che i discepoli raccontavano, visto che, nonostante l’incontro che avevano avuto con il Risorto, le porte del cenacolo erano ancora chiuse. Nulla era cambiato. Tommaso non crede che Gesù sia risorto perché continua a vedere una comunità impaurita e chiusa dentro.

Allo stesso modo, oggi, il modo in cui noi cristiani viviamo non aiuta a credere nella presenza viva di Gesù in mezzo a noi. Se continuiamo ad avere paura, se continuiamo a non avere fiducia, se continuiamo a non custodire la pace nel cuore, come possiamo pensare che il mondo possa credere nella risurrezione di Gesù?

È vero, Tommaso somiglia molto a tanti uomini che oggi fanno fatica a credere, ma molte volte la responsabilità è della comunità che non testimonia quello che annuncia. Tommaso infatti è detto Didimo, cioè doppio, gemello. È doppio per la sua ambiguità, perché ci viene descritto come uno che un po’ sta dentro la comunità, un po’ se ne allontana. Il suo comportamento non è coerente. Un po’ non crede, un po’ si lancia in meravigliose confessioni di fede.

Ma Tommaso è anche gemello, cioè somiglia a noi, perché in lui possiamo ritrovare tutta la nostra ambiguità, la nostra incertezza e la nostra fatica di credere.

Dalla sofferenza alla vita

La comunità dei discepoli è chiamata a riconoscere innanzitutto che la sofferenza non è inutile, ma fa parte della storia della salvezza. Gesù non nasconde le sue piaghe. Anzi, le sue ferite diventano il luogo del riconoscimento della sua identità. Gesù è il Salvatore proprio perché è colui che è passato attraverso il dolore e la morte. La sofferenza non è archiviata, non è dimenticata. Quello che siamo è sempre generato anche dalle nostre ferite.

La Pasqua ci ricorda che la vita nasce dal dolore. Per questo, oggi, in questo presente di dolore, possiamo essere certi che tutta questa sofferenza non è inutile, ma ci darà la forza per rotolare la pietra della paura che adesso pesa sulle nostre vite lacerate.

Leggersi dentro

– Riesci a custodire la speranza in questo tempo di sospensione?

– La tua testimonianza aiuta gli altri a credere nella risurrezione di Cristo?

13 commenti

  1. Ma si che ho speranza. O di restare o di risorgere e mi sono chiesta spesso in questo tempo di clausura quale fosse la migliore uscita. Ma non posso esagerare pena l’insulto. Il tempo che abbiamo è quello della fuga della donna vestita di sole…un tempo, due tempi…la metà di un tempo. E senza contare troppo, non si può vivere sempre..con serena amicizia…pero’spero di incontrare prima te che Gesù. Altrimenti mi sgridate…

    1. Buon giorno,
      grazie per il suo commento al vangelo domenicale.
      Le chiedo un chiarimento. Lei interpreta il v. 26 nel senso che i discepoli sono ancora chiusi nel cenacolo senza aver compiuto il passaggio alla fede nel Risorto. Io credo che al v. 26 il testo siano presenti alcuni elementi che fanno capire che la conversione è avvenuta: manca l’accenno alla paura, risulterebbe che la gioia mostrata dai discepoli è stata solo un fatto temporaneo come se il dono dello Spirito fosse andato a vuoto e il mandato rifiutato… Mi sembra di poter leggere nella seconda immagine delle porte chiuse da un lato, la conferma -ad uso di tutti i futuri ascoltatori del vangelo- della straordinaria e concreta presenza del Risorto nell’ottavo giorno e dall’altra l’indicazione che nello spazio ben definito del culto comunitario è concessa la ininterrotta esperienza della presenza di Cristo.
      Grazie ancora.
      Salvatore

      1. I vangeli di Pasqua mostrano che il cammino della fede è progressivo, non automatico, culmina nel giorno di Pasqua, quando i discepoli escono con coraggio per annunciare. Pensiamo anche al cammino progressivo dei discepoli di emmaus o il brano del cieco nato che la prima comunità leggeva proprio in chiave battesimale. Ciò non toglie valore e forza allo spirito ma ci fa capire che il cuore dell’uomo è chiamato ad accogliere questo dono.

  2. In questo tempo di sospensione, ove un elemento è universale, il distanziamento isolatore, l’immagine del futuro prossimo mi ritorna la speranza in forte lotta contro il pessimismo.
    Alla diminuzione al minimo dell’elemento isolante troveremo una parte della comunità indebolita, incerta come recuperare quanto perso. Scopriremo molte nuove povertà, debolezze esistenziali più indebolite.
    Attuale è la richiesta di alimenti in aggiunta alla normale donazione per distribuirli a nuove difficoltà, sorte a causa dell’ emergenza epidemiologica.
    Reale è vivere, la sofferenza emargina dalla realtà, più alto è il numero dei sofferenti maggiore è il rischio di trovarsi in queste sabbie mobili.
    Due passaggi da una recente omelia di papa Francesco:
    “… così anche noi ci siamo accorti che non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo, ma solo insieme”
    “nessuno si salva da solo”
    Vero, se chi vive nel nostro tempo non ha la possibilità di alimentare e quindi partecipare al nostro bene questo sparisce.
    Un esempio, se i giovani incontrano difficoltà nel trovare un lavoro non alimentano lo stato sociale, con la conseguenza di bloccare il valore della pensione mentre il costo dei prodotti essenziali aumentano.
    Nell’attesa di uscire e festeggiarci, permettetemi una leggerezza, nel camminare incontro persone che portano cani a spasso, nel diminuire la distanza frontale con la proprietaria aumentiamo quella laterale, l’allontanarmi da lei mi chiama alla mente la scena dei lebbrosi dal film Ben-Hur, nel mentre i cani si festeggiano, si annusano, mi dibatto mentalmente nell’incerto futuro.
    Chi ha tanto, in potere o moneta, e quindi poco ha subito da questa momentanea sofferenza sanitaria allargherà il buio in cui vive per recuperare o approfittare della debolezza cui si troverà molta popolazione oppure spalancherà le sue numerose porte da partecipare alla possibilità sperata di chi avrà bisogno?
    Penso, per aiutare a migliorare la situazione di chi si troverà in difficoltà irreversibile per le sue sole forze, dovremo dotare la mente di intenzionalità combattiva giusta nelle richieste e non cedere alle prime immancabili difficoltà e negazioni.

  3. Grazie padre. Mi piacerebbe ricevere le sue riflessioni. Sì; in questo tempo di sospensione riesco a custodire la speranza perché credo che Dio continua guidando la storia del nostro mondo. Lui ha vinto la sofferenza. Ecco la via per me.

  4. Sempre in cerca del mio Signore, non ricordo come, mi e’ apparso, sul cellulare, il link della trasmissione:- Io Credo, col discutissimo, ora cappellano del carcere Due Palazzi di Padova, ed ho incominciato a seguirla. Intervista quasi all’inizio Papa Francesco e poi incontra testimoni concreti delle realta’ “difficili”. Be’, mi sono appassionata, anche perche’ percorrendo i colli Euganei e Berici, di Vicenza, da dove proviene, in bicicletta, mostra la bellezza della natura a contorno delle sue riflessioni. Insomma, questo percorso prepara quella che sara’ la Via Crucis di questa Pasqua di Chiese chiuse, o peomeno, di Celebrazioni a distanza, Rosari, Messe a Santa Marta, iniziative di Parroci che vogliono tenere i contatti col popolo. Beh, a livello di fede, mai come adesso ho guardato a Dio come Speranza dell’Umanita’, e la Madonna come protettrice del mondo. Il distanziamento sociale forzato ha solo rinforzato il fatto che gli uomini sono fatti per stare insieme. Il colmo e’ che, prima che accadesse questa pandemia, per il nostro “esasperato” individualismo, eravamo arrivati ad essere isole di egocentrismo, presi dal bisogno estremo di affermazione. Poi, di colpo, abbiamo capito che ci mancava il prossimo, che avevamo il bisogno di ritrovare gli altri insieme. Esattamente, come dice Toto’: A livella. Cafuti i muri dell’egoismo, siamo stati costretti a ritornare ai valori essenziali dell’Umanita’: la condivisione, il senso di appartenenza nazionale; a rivedere quanta bellezza artistica, culturale, paesaggistica ha la nostra Italia. Proprio come diceva E. Morin: – Ci sara’ sempre un elemento imprevedibile, che sfuggira’ all’uomo, che capovolgera’, e trovera’ la soluzione, in questo caso l’arrivismo ed il potere dell’uomo sul creato che non ha rispettato.

  5. Aggiungo anche che questa quarantena ha anche fatto pulizia nei rapporti prossimali, permettendo una conversione a livello qualitativo, togliendo il di piu’ che li inquinava.

  6. Desideriamo costantemente di vivere in un tempo diverso.
    Abbiamo davvero bisogno di trovare la Pace nel nostro presente: ogni giorno ha le sue opportunità che sono di quel giorno; ma spesso abbiamo già in cuore il desiderio o l’inquietudine del domani e delle opportunità dell’oggi, se nn sono quelle attese, nn ci accorgiamo neanche!
    Ci dia il Risorto la fiducia di vedere e cogliere le bellezze inattese dell’ oggi, pur nell’incertezza del domani, domani che però non affronteremo da soli ma recando nel cuore anche le bellezze dell’oggi.

  7. Grazie perché le sue meditazioni sono uno strumento di grazia per poter vagliare la nostra fede.
    Saluti

  8. Lasciamoci sorprendere dal domani: siamo tutti un po’ preoccupati, ma sono certo che il meglio deve ancora arrivare.

  9. La cosa più difficile è arrendersi alla sua pace, fare in mondo che vinca la pesantezza delle nostre pietre che sono molto più ingombranti e pesanti delle pietre che serrano un sepolcro, intralciano una strada.

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