meditazioni

Prossimo distante: l’ossimoro che scuote la fede

Meditazione per la

Sesta domenica anno B

Lv 13,1-2.45-46   Sal 31   1Cor 10,31-11,1   Mc 1,40-45

14 febbraio 2021

«Ha portato a lungo il mio male, e così lo ha tolto; come il medico buono ha tollerato pazientemente il violento, egli è stato a trattenermi mentre io lo ferivo, mi ha fatto il dono di essere ferito per lui».

Sant’Agostino, Discorso 176, 4

Distanziamento

L’espressione più ricorrente in questo periodo di pandemia è sicuramente l’invito a rispettare la cosiddetta “distanza sociale”, ma, come ha giustamente osservato l’Accademia della Crusca, sarebbe meglio parlare di un distanziamento fisico: la distanza non può essere sociale, anzi, la distanza interrompe la socialità. Oggi sappiamo che questo sacrificio è necessario per la nostra sopravvivenza, ma stiamo anche imparando che questa distanza, che consiste in una permanente diffidenza nell’altro, visto come possibile pericolo, deve essere urgentemente superata e non può diventare la cifra della nostra convivenza.

Tenere a distanza è un atteggiamento che presuppone la paura di trovarsi di fronte a un rischio: l’altro è allontanato, espulso, relegato in un luogo dal quale non potrà farmi del male. Purtroppo queste dinamiche che oggi viviamo in maniera consapevole e motivata, sono le dinamiche serpeggianti da sempre nella vita sociale: alcuni, che non sono ritenuti all’altezza di starci accanto, alcuni che con la loro presenza potrebbero offuscare l’immagine di bellezza che abbiamo di noi stessi, alcuni che con le loro parole mettono in crisi l’idea illusoria nella quale ci rispecchiamo, vengono tenuti a distanza. Sono gli emarginati, i senza fissa dimora, ma anche coloro che hanno opinioni politiche diverse dalla cultura dominante, sono gli anziani e i malati che ci rimandano la verità di una vita che non è fatta solo di copertine patinate e di fisici scolpiti. Quando non vogliamo accettare quel fascio di luce che ci svela la realtà, diventiamo ciclopici e guardiamo da una sola parte.

Escludere

Questa dinamica è antica e possiamo considerarla anche alla base dell’esperienza del lebbroso di cui ci parla non solo il testo del Vangelo di questa domenica, ma anche molti altri luoghi della Bibbia. Il lebbroso è l’escluso, quello che fa paura e che rappresenta un pericolo. Molti di noi, ne sono certo, almeno qualche volta nella vita, si sono sentiti come lebbrosi: allontanati, come se facessero paura, inadeguati a stare con gli altri. Il lebbroso è costretto a stare lontano perché gli altri gli hanno messo un’etichetta addosso. Sebbene sia un’immagine dura, è significativo ricordare che la vita del lebbroso è una vita che realmente va a pezzi. E questo ci ricorda quella espressione che a volte ripetiamo a noi stessi, quando appunto sentiamo che la nostra vita cade a pezzi, quando quello che abbiamo costruito si sfalda.

Disperazione

Il lebbroso è un uomo senza speranza, perché è in una condizione che non potrà mai trovare una soluzione. Nella cultura ebraica, infatti, ogni contatto con la morte (come toccare un cadavere o anche calpestare la terra di un cimitero) rendeva impuri, impedendo così di poter celebrare il culto. Occorreva purificarsi per essere riammessi alla possibilità di accedere alle pratiche rituali. Ma per un lebbroso questo non è mai possibile, perché il lebbroso si porta la morte addosso, non se ne può mai liberare e, di conseguenza, rimane impuro in modo permanente. Solo un intervento di Dio può salvarlo. È proprio l’immagine di quelle nostre situazioni disperate, dalle quali ci rendiamo conto che solo un intervento divino può tirarci fuori.

Amabilità

Quando vivi da escluso, quando ti fanno credere a lungo che non vai bene per come sei, alla fine te ne convinci. Ti persuadi che non sei amabile e che per te non c’è via d’uscita. Forse ti convinci che persino Dio con te non voglia avere a che fare. Quando questo lebbroso incontra Gesù non pretende nessun miracolo. Chiede a Gesù se vuole, se per caso, cioè, c’è spazio anche per lui nella misericordia di Dio. E Gesù sottolinea con la sua risposta che quella guarigione non è casuale, ma è l’espressione di un preciso desiderio di Dio: lo voglio!

Contagiati

Come ogni guaritore ferito, per citare la celebre opera di Nouwen, è impossibile entrare nella malattia dell’altro senza rimanere segnati. Se vogliamo aiutare qualcuno, dobbiamo essere disposti a lasciarci ferire. Proprio a causa di quell’incontro, infatti, Gesù non può più entrare pubblicamente nella città, perché immediatamente l’opinione pubblica si erige a baluardo della difesa dell’incolumità della popolazione: avendo avuto contatti con un lebbroso, Gesù è considerato anch’egli potenzialmente lebbroso. Per stare accanto agli esclusi, Gesù accetta di essere escluso! Ma, paradossalmente, proprio quella condizione di esclusione, costringendo Gesù ad abitare luoghi solitari perché non voluto dentro la città, fa sì che egli si trovi nella condizione ideale per essere incontrato dagli esclusi, quelli cioè che abitano i luoghi dei diseredati e di coloro che non sono voluti perché considerati pericolosi.

È una buona notizia per tutti noi che ci sentiamo lebbrosi, per tutti noi che siamo costretti a tenerci lontani, per tutti noi che siamo stati allontanati, perché provvidenzialmente ci ritroviamo in una condizione privilegiata per incontrare il Signore e lasciarci guarire.

Leggersi dentro

  • Come reagisci quando ti senti escluso?
  • Da quali malattie vuoi chiedere al Signore di guarirti?

8 commenti

  1. Più che il dolore di sentirmi esclusa, che è situazione preziosa da donare al Signore, capita che io sia ferita a contatto del dolore degli altri.
    Anche Gesù, al massimo dell’empatia si lasciava travolgere dal dolore degli altri. E sicuramente a sensazione è stata più dolorosa delle giornate di Passione. Non c’è dolore più grade che soffrire per il dolore degli altri.

  2. Dice per me, che non c’è distanza, separazione che l’amore misericordioso di Dio non copra.

  3. Sono reduce da un incontro formativo per accompagnatori di persone e/o gruppi omosessuali. Quanti tra queste nostre sorelle e fratelli vivono il dolore di essere stigmatizzati, guardati con disprezzo e tenuti fuori dalle nostre comunità. Aiutami, Signore, a implorare di purificarmi.

    1. Io sono donna Cattolica LGBT . Posso testimoniare che in Chiesa mi sento al sicuro e non trovo motivi per cambiamenti dottrinali, ecc… Tuttavia, spesso le persone (anche persone che frequentano la Chiesa e si fanno la comunione) parlano malissimo di noi persone LGBT. Io penso che non dipende dalla Chiesa, quanto da persone che la frequentano: alcune ci trattano bene, altre male, altre ci commiserano(Poveretta è lesbica, poveretto è gay. Sono dei bravi giovani perché sono così?)
      Quando subiamo omofobia bullismo, quando sentiamo solo cattiverie nei nostri confronti, succede esattamente quello che ha scritto padre Gaetano: “Quando vivi da escluso, quando ti fanno credere a lungo che non vai bene per come sei, alla fine te ne convinci. Ti persuadi che non sei amabile e che per te non c’è via d’uscita. Forse ti convinci che persino Dio con te non voglia avere a che fare.”

  4. “Quando vivi da escluso, quando ti fanno credere a lungo che non vai bene per come sei, alla fine te ne convinci. Ti persuadi che non sei amabile e che per te non c’è via d’uscita. Forse ti convinci che persino Dio con te non voglia avere a che fare.”
    Ben scritto padre Gaetano. Purtroppo questo è ciò che succede quando si subiscono maltrattamenti, violenza, bullismo, omofobia, ecc… mi dicevano che faccio schifo e questo ha avuto enormi conseguenze sulla mia salute. Ce la metto ogni giorno per farcela e non restare schiava del mio passato. Gesù mi aiuta e io posso guarire. Grazie per questa bellissima meditazione padre Geatano.

  5. Quando hai o incontri un malanno, anche in famiglia, spesso si frantuma in nuovi. Agl’inizi si può essere contagiati dall’impotenza, la richiesta è la possibilità di vincerla e il lume per i giusti indirizzi per affrontarli e superare gli abbattimenti causati dal dolore e dalle preoccupazioni di non farcela

  6. Con i versi di Lermontov recitati a memoria, Mikhail Gorbaciov detta a Werner Herzog e André Singer
    il suo testamento spirituale.

    Sulla strada esco solo;
    Nella nebbia è chiaro il cammino sassoso;
    Calma è la notte. Il deserto volge L’orecchio a Dio.
    E le stelle parlano tra loro.
    Meraviglioso e solenne il cielo!
    Dorme la terra in un azzurro nembo.
    Cosa dunque mi turba e mi fa male?
    Che cosa aspetto, che cosa rimpiango?
    Nulla più mi aspetto dalla vita.
    E nulla rimpiango del passato.
    Cerco solo libertà e pace!
    Vorrei abbandonarmi, addormentarmi!
    Ma non nel freddo sonno della tomba.
    Vorrei addormentarmi con il cuore placato
    e il respiro sollevato.

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