meditazioni

Vigna OKKUPATA. Il delirio di credersi padroni

Meditazione sul Vangelo

della XXVII domenica del T.O. anno A

8 ottobre 2017

Mt 21,33-43

 

Il vecchio mondo sta morendo. Quello nuovo tarda a comparire. E in questo chiaroscuro nascono i mostri.

A. Gramsci

 

È imbarazzante ammetterlo, ma fino allo scorso anno non ero mai entrato in una vigna. Poi, il mio amico don Massimo, che non solo è un buon parroco, ma anche un contadino tenace, mi ha portato a visitare la sua campagna. Allora ho capito molte cose di lui: la terra ti insegna ad aspettare, non è disposta a dar retta alle tue ansie, ti chiede di prenderti cura di lei anche a costo di sacrifici, ti insegna a conoscere l’alba, ma ti insegna anche sostenere la delusione, come quest’anno, in cui il gelo ha bruciato i germogli appena spuntati. La terra ti costringe a mettere ordine, perché ogni cosa ha il suo posto, come il silenzio dei filari delle viti.

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Quel giorno, lasciando la campagna di don massimo, ho pensato che la vigna è un pezzo di terra in cui si va a lavorare, una terra da coltivare e custodire, ma anche un luogo nel quale si impara a trovare un senso alla propria vita.

 

La vigna di cui Matteo ha già parlato più volte – a proposito degli operai che aspettano sulla piazza del mercato per essere presi a giornata o dei due figli che il padre manda a lavorare nella vigna – ricorda il giardino della creazione. Dio crea l’uomo e dà un senso alla sua vita, lo mette in uno spazio, in un giardino, segno di una relazione donata, uno spazio di cui prendersi cura. Proprio come la nostra vita: uno spazio che ci è donato, in cui possiamo trovare un senso, ma anche un giardino da coltivare e custodire.

 

La vigna è nel linguaggio biblico anche immagine di Israele, la vigna è la terra e il popolo in mezzo a cui Dio vuole abitare:

Egli l’aveva vangata e sgombrata dai sassi

e vi aveva piantato scelte viti;

vi aveva costruito in mezzo una torre

e scavato anche un tino.

Egli aspettò che producesse uva,

ma essa fece uva selvatica. Is 5,2

 

Grandi grappoli d’uva sono anche il simbolo di Israele perché ricordano il ritorno degli esploratori inviati nella terra promessa prima di entrarvi. Quegli uomini tornarono con la notizia funesta di popoli che già occupavano la terra, ma anche con frutti meravigliosi. Quasi a dire che questa terra, in cui possiamo trovare il senso della nostra vita, è anche una conquista: il Signore è al nostro fianco, ma a noi viene chiesto di lottare.

E infatti nei racconti biblici la vigna ritorna come un luogo in cui avvengono tante cose. È la vigna in cui accade l’amore, come nel Cantico dei Cantici (Ct 8,12: «La vigna mia, proprio mia, mi sta davanti»), ma è anche la vigna che suscita la brama del Re e per la quale la regina farà uccidere Nabot (1Re 21).

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La parabola che Gesù racconta ci svela la nostra tentazione di appropriarci della vita: sebbene ci sia stata donata, sebbene siamo stati mandati a lavorare in essa, vorremmo appropriarcene, vorremmo diventarne padroni. Al contrario Gesù ci insegna che la vigna/vita non arriva mai a diventare nostro possesso e infatti arriva un giorno in cui siamo chiamati a restituirla e a renderne conto.

Gesù nella vigna

Il padrone è un uomo paziente, sa che la terra ha bisogno di tempo per dare i suoi frutti, così aspetta che anche i contadini possano portare frutti di conversione. I contadini, a cui è stata data in affitto la terra, sono chiamati a rendersi conto che la vigna non è una loro proprietà. Allo stesso modo, se con pazienza il padrone è venuto a chiamarci per inviarci nella sua vigna per lavorare e dare un senso alla nostra giornata, così con pazienza aspetta che possiamo liberarci dalla tentazione di considerare la vigna come un nostro possesso. Il padrone sa, fin dalla creazione, che nel momento in cui consideriamo il giardino come nostra proprietà, allora cominciamo a distruggerlo. Il padrone è così paziente che non solo manda il figlio, ma spera che i contadini non arrivino a ucciderlo. In fondo, fino alla fine, Dio crede in noi!

 

 

Leggersi dentro

–          Se la tua vita fosse una vigna, in che condizioni sarebbe?

–          Sei pronto a restituire la tua vita?

9 commenti

  1. Il Signore continui a benedirti! Grazie perché fornisci alimento alla nostra anima. Un saluto affettuoso.

  2. A sproposito di Lettera a una professoressa, di Don Milani, conservo ancora gelosamente un piccolo libricino di stampa alternativa edito nel 1994 a cura di Carlo Galeotti, trentacinque anni, ( allora) , giornalista professionista, laureato in filosofia teoretica con indirizzo logico-epistemologico, nato a Viterbo. L’OBBEDIENZA NON E’ PIU’ UNA VIRTU’ di Don Milani.
    Trascrivo letteralmente la sua risposta ai Cappellani Militari Toscani, con il petto impettito di medaglie e in favore della guerra, che hanno sottoscritto il comunicato dell’11 febbraio 1965.
    Se voi però avete diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora vi dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni sono la mia Patria, gli altri i miei stranieri. E se voi avete il diritto, senza essere richiamati dalla Curia, di insegnare che italiani e stranieri possono lecitamente anzi eroicamente squartarsi a vicenda, allora io reclamo il diritto di dire che anche i poveri possono e debbono combattere i ricchi”. E almeno nella scelta dei mezzi sono migliore di voi: le armi che voi approvate sono orribili macchine per uccidere, mutilare distruggere, far orfani e vedove. Le uniche armi che approvo io sono nobili e incruente lo sciopero e il voto.
    Abbiamo dunque idee molto diverse. Posso rispettare le vostre se le giustificherete alla luce del Vangelo o della Costituzione. Ma rispettate anche voi le idee degli altri. Sopratutto se sono uomini che per le loro idee pagano di persona.
    BUONA LETTURA

  3. Qualche foglia comparirebbe sbilenca perche’ sfuggitami dal campo visivo ma penso che sarebbe qua e la’ curata. La mia vita… Mah. Credo di essere sempre in corso d’opera. Un abbraccio

  4. Niente nella vita è nostro fino in fondo e il Signore, che mi ama molto, me lo fa capire ogni giorno, visto che sono di testa dura.
    Sono pronta a lasciare tutto, anche subito, anche se la mia vigna è un po’ in disordine. So che di là starò meglio, anche se è un pensiero egoista.

  5. Non fare regali a un bambino
    fino a quando non ha imparato a distinguere
    un sasso a una noce.

    Proverbio ebraico

    P. S.
    Chissà perchè sono sempre così ostinato !

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