meditazioni

La spartizione del potere. Lo sfondo del presepe non è un cielo trapuntato di stelle

Meditazione

per la seconda Domenica di Avvento

9 dicembre 2018

 

 

Cammina dove non puoi! Guarda dove non vedi! 

Ascolta dove nulla suona e nulla risuona: sarai così dove Dio parla.

Angelo Silesio

 

 

Perfino Cristo, in questi giorni, viene usato come strumento di divisione. È la profanazione delle cose sacre, vuol dire “nominare il nome di Dio invano”, cioè usare il suo nome non per dare gloria a lui, ma per servircene noi.

Viviamo, del resto, un tempo di ipocrisia e di perenne conflitto. È il tempo della divisione. Viviamo in un’epoca di polarizzazioni, dove la discussione deve assumere necessariamente toni offensivi, violenti, maleducati. Ogni argomento, evento, situazione, diventa, soprattutto sui social, l’occasione per vomitare la propria rabbia. Viviamo in un tempo di persone arrabbiate, frustrate e soprattutto stanche.

comunicazione violenta

E ha ragione chi dice che in realtà è sempre stato così. Ce lo dice anche questo testo del Vangelo di Luca, il quale da storico pignolo ci presenta la spartizione del potere del suo tempo. Questa introduzione al suo racconto non vuole solo collocare precisamente nel tempo l’evento della nascita di Gesù, ma vuole descrivere la condizione di frammentazione del potere. Si tratta di un tempo in cui il potere è fortemente diviso, perché ciascuno difende prepotentemente il suo piccolo pezzo di potere: Tiberio, Ponzio Pilato, Erode, Filippo, Lisania! Sembra un Congresso del PD…

Luca ci dice che persino il potere religioso è diviso, la frammentazione è arrivata persino nei luoghi del sacro! Luca sa, infatti, che solo Anna è il vero sommo sacerdote in carica, eppure parla di Anna e Caifa, perché sa bene che, nonostante Caifa non sia più sommo sacerdote, continua ad esercitare una forte influenza. Il Sommo sacerdote è uno, ma qui viene presentato come doppio. È il potere religioso stesso ad essere diventato ambiguo.

In questo contesto di divisione e di conflitto, Luca dice però che la Parola di Dio arriva. E dunque, se quel tempo descritto da Luca è simile al nostro tempo e a tanti altri momenti della storia, vuol dire allora che in ogni momento, anche in quelli più bui, Dio continua a far sentire la sua voce.

Giovanni Battista, come ricorda anche sant’Agostino, è infatti la voce che permette alla Parola di Dio di parlare. Ma anche qui siamo davanti a un paradosso: Dio parla proprio attraverso chi è stato generato da un muto, da Zaccaria, che è rimasto muto per la sua incredulità. È ancora più evidente così che quella parola che Giovanni porta non è la parola umana imparata dal padre, ma è una parola che ha un’origine diversa.

San-Giovanni-Battista-Leonardo-da-Vinci-1508-1513

Giovanni porta quella parola non nei luoghi del potere, non a Gerusalemme, né nei palazzi né nel Tempio, ma cerca luoghi deserti. Chi desidera ascoltare deve liberarsi dalle parole umane. Giovanni ci chiede di uscire dal frastuono della quotidianità: per ascoltare Dio c’è bisogno di un gesto di rottura.

Giovanni porta la parola nel deserto, un luogo che richiama la storia di Israele. È il luogo dove Dio ha detto le cose fondamentali lungo il cammino di Israele verso la Terra Promessa. È il luogo in cui Israele ha incontrato le sue paure, ma anche dove ha vissuto l’intimità della relazione con Dio. Il deserto è anche immagine di quella terra deserta da cui, come racconta l’inizio della Genesi, Dio ha plasmato l’uomo. Ciò che Giovanni propone è un nuovo inizio, un invito a lasciarsi ricreare da Dio.

israele deserto

C’è un altro luogo simbolico in questo testo: il fiume Giordano. Giovanni va a battezzare lì. È il fiume che Israele aveva dovuto attraversare per entrare nella Terra Promessa. Ora si tratta di attraversarlo ancora, spiritualmente, per entrare in una nuova terra promessa, nella vita eterna. Sarà al Giordano infatti che Gesù raggiungerà Giovanni per iniziare il suo ministero.

Giovanni invita a preparare la strada, una strada che non dobbiamo percorrere noi. Si tratta di un movimento nuovo rispetto a quello che Israele ha vissuto nel deserto. Ora è Dio che viene verso l’uomo. Egli è adventus, Colui che è venuto verso noi. Si tratta di preparare la strada dentro di noi, affinché Dio possa raggiungere il nostro cuore! La nostra vocazione è lasciarci raggiungere.

strada

Siamo chiamati a riempire i burroni della disperazione e dello sconforto, perché a volte è proprio quella la distanza che mettiamo tra noi e Dio.

Forse è il caso di abbassare le montagne dell’orgoglio e della superbia, perché a volte è proprio quello che ci impedisce di vedere Dio che viene verso di noi.

Può essere opportuno abbandonare i pensieri tortuosi, quelli dentro i quali ci aggrovigliamo, ci struggiamo, quelli su cui rimuginiamo, perché è proprio quello che complica l’incontro con Dio.

Proviamo a guardare bene i sentieri che ci sembrano impossibili, perché forse è proprio da lì che Dio ha scelto di passare.

 

Leggersi dentro

–          Credi ancora che Dio possa parlare nel tuo tempo?

–          Quale azione puoi intraprendere per lasciare che Dio entri nella tua vita?

6 commenti

  1. Buona questa nuova veste editoriale….
    Sarebbe opportuno cambiare il fondo ( colore nero ) dell’ultima pagina.
    Chissà, forse il colore rosso o celeste o giallo potrebbero essere più indicati.

  2. Dio parla nel nostro tempo. Eccome. Dovremmo lasciargli lo spazio d’ascolto. Poche volte facciamo l’esercizio di ringraziarlo per tutti coloro che ci ha donato o fatto incontrare. C’e’ un’umanita’ che si da’ la mano.

  3. Grazie padre Gaetano per questa meditazione. Bello il parallelo tra l’epoca della pericope evangelica e l’attualità con tanto di riferimento al congresso del PD(dopo averlo letto una risata mi è partita in automatico),quanta amarezza… sembra che nulla cambi o possa cambiare, ma in realtà se ogni giorno spalancassimo le porte del cuore a Cristo (come ci insegna San Giovanni Paolo II) tutto prenderebbe un verso migliore. Dio parla nel mio tempo, lo sento, voglio ascoltare ma c’è frastuono, tante preoccupazioni mi distraggono.
    Bellissima la parte in corsivo padre Gaetano
    “Siamo chiamati a riempire i burroni della disperazione e dello sconforto, perché a volte è proprio quella la distanza che mettiamo tra noi e Dio.
    Forse è il caso di abbassare le montagne dell’orgoglio e della superbia, perché a volte è proprio quello che ci impedisce di vedere Dio che viene verso di noi.
    Può essere opportuno abbandonare i pensieri tortuosi, quelli dentro i quali ci aggrovigliamo, ci struggiamo, quelli su cui rimuginiamo, perché è proprio quello che complica l’incontro con Dio.
    Proviamo a guardare bene i sentieri che ci sembrano impossibili, perché forse è proprio da lì che Dio ha scelto di passare.”
    Grazie padre Gaetano: mi ricorderò ogni giorno di preparare la strada dentro di me,affinché Dio possa raggiungere il mio cuore, riempiendo i burroni del mio sconforto e abbandonando i pensieri tortuosi…
    Grazie ancora!!! Grazie a Dio!!!
    Buona Domenica e buona settimana.

     

  4. Ricordo, nel tempo in cui lavoravo, una giovanissima collega, se non riceveva entro un’ora, dal precedente, un messaggio al cellulare gridava: “Non mi si fila (usava un verbo più colorito) nessuno!”. Il che contrastava con il detto popolare: “nessuna nuova buona nova”.
    Ricordo, quando ascoltavo messa a casa di don Mario Canciani, la presenza di una scritta incisa su una tavola di marmo, spero di non sbagliare: “Stai in silenzio davanti al Signore e spera in Lui”.
    Entrare in relazione con qualcuno richiede tempo, impegno, apertura.
    Penso, la difficoltà è capire la genuina apertura dell’altro, di chi ti sta difronte. La difficoltà si quadrupla, in quanto i due sono contemporaneamente trasmettitori e ricevitori.
    Se occorre tempo per relazionarsi con l’altro, e il tempo occorrente è diverso da soggetto a soggetto, quanto ne deve trascorrere per ascoltare la presenza di Dio? E quanto impegno? Se è il silenzio che aiuta, dove lo trovo in una grande città?
    Il terreno per tentare di avvicinarmi a Dio, è il silenzio. Siamo immersi nel silenzio. Purtroppo viene sovrastato da un deserto di suoni caotici.
    Per seguire il multitasking delle responsabilità, anche secondarie, non riesco a rimanere, da solo e in silenzio, almeno un’ora davanti agli alberi del parco. Abulico nel recarmi in riva al mare e rimanerci in silenzio per almeno un’ora.
    Forse mi aiuta una risposta. Non ricordo di quale città si parla. Ad una contestazione che nella città i bambini non sapevano dove andare a giocare, il direttore della rivista rispose, dato che erano coetanei, lui come il lettore, al tempo dell’infanzia, gli spazi per giocare li cercavano, e li trovavano! Adesso, la città si è ingrandita, quindi di spazi ne offre di più. Concluse con un: “Caro signore, non sono assenti gli spazi, è la voglia e l’educazione a cercarli che manca”.
    Penso, questi spazi, oltre a trovarli, bisogna avere il carattere di restarci almeno un’ora in silenzio.
    Conosco la strada per arrivare in riva al mare; spero di muovermi.

  5. Dio parla sempre, anche nel frastuono, siamo noi che non vogliamo vedere e non sappiamo ascoltare !
    E’ tardi, sono stanco, gli occhi mi bruciano vado a dormire, buona notte.

  6. Parla fortissimo, in questo silenzio della ragione e noi evitiamo di sentire la sua voce e per ascoltarla io personalmente ho bisogno di molto silenzio e di smorzare il bisticcio e il chiacchericcio del mondo.

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