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La croce è un oggetto piuttosto pericoloso

Siamo nella casa di don Lazzaro e di donna Palmira dove si sta consumando il passaggio da un’arte retorica all’altra: il gerarca fascista don Coriolano è stato deposto dalla sua funzione di oratore politico a causa del fallimento della missione, nella quale si era impegnato, della richiesta di grazia di Pietro Spina, giovane di buona famiglia e oppositore del regime. Al suo posto è stato nominato don Marcantonio, esponente di una retorica più disinvolta e violenta. Il nuovo oratore vorrebbe approfittare della fine della quaresima per intervenire nella cerimonia nella quale verrà fissata una nuova croce preparata dal falegname del paese, in questo modo la narrazione politica dovrebbe subentrare e sostituire la liturgia cristiana.

In quel momento si trova in casa anche don Severino, organista della Chiesa parrocchiale, da poco deposto dal suo ruolo, in seguito a una petizione popolare che ne ha chiesto la rimozione a causa della sua vita dissoluta, in quanto ha accolto in casa una giovane donna. In realtà si è trattato di un gesto di carità interpretato dai parrocchiani in modo malizioso. Don Severino è un uomo di grande fede e di profonda spiritualità. Con grande coraggio si profonde in queste righe in una bellissima riflessione sulla croce:

“Don Marcantonio, accettate anche consigli gratuiti?” Chiede don Severino freddamente. “Ebbene, diffidate della croce, credete a me, la croce è un oggetto piuttosto pericoloso”.

“Ma, don Severì, che vi salta in mente?” protesta indignata donna Palmira. “Come osate parlare in modo così cinico della Santa Croce di Nostro Signore? Si può scherzare su molte cose, sì, voi potete, se vi fa un particolare piacere, deridere i bigotti e perfino i curati, ma il Santo Crocifisso dovreste rispettarlo. Anche se non ve la sentite di venerarlo come gli altri buoni cristiani, almeno dovreste prenderlo sul serio”.

[…]

“Sopra l’altare maggiore della vostra chiesa parrocchiale, donna Palmira”, continua don Severino sempre più esaltato “vi sono scritte parole che segnano, da sole, tutta la distanza tra Gesù e i nostri buoni costumi cristiani. Oblatus est quia ipse voluit. Si sacrificò perché così gli piacque. Dunque, per così dire, nessuno glielo fece fare, né, essendo Dio, poteva sentire un impellente bisogno che i giornali parlassero di lui o poteva essere sedotto dall’idea di diventare consigliere comunale di Gerusalemme. Il suo atto fu interamente gratuito. Dal punto di vista dell’ordinario buon senso cristiano, donna Palmira, quella di Gesù fu dunque un’impresa di pazzia, e badate che la parola pazzia, in riferimento alla croce, è stata già adoperata da molti santi. E un simile esempio, cavaliere, voi vorreste offrire alla gioventù del nostro paese?”

Da I. Silone, Il seme sotto la neve, Mondadori, Milano 2018, 159-160.

2 commenti

  1. La croce era lo strumento di condanna a morte dei Romani a quel tempo, Gesù l’ha trasformata in simbolo. Oggi se Gesù morisse tra noi lo strumento di morte sarebbe diverso. Non trasformiamo i nostri simboli e i nostri riti in strumenti utilitaristici perversi. Non mi rassegno alla moderna idolatria. Gesù è vivo e vero e sta al mio fianco.La croce, artistica o no, è la rappresentazione della sua morte. E strumento di male, strumento di dolore. La croce è legno cattivo, intriso di sangue, strumento perverso di esecuzioni deplorevoli. Gesù è vivo ed è l’angelo del mio giardino.

  2. Sì la croce è proprio un “oggetto pericoloso” perché parla, non tace mai, non mente e ti porta nel profondo, nel tuo profondo e DOMANDA. Ai suoi piedi non puoi che innalzare lo sguardo e sussurrare : grazie

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