Natale del Signore.
Messa della notte
«È nato Cristo senza colpa
perché in lui possa rinascere
chi era nella colpa».
Sant’Agostino, Discorso 184, 2,2
La provvidenza del Natale
«Ringraziate il cielo che v’ha condotti a questo stato, non per mezzo dell’allegrezze turbolente e passeggere, ma co’ travagli e tra le miserie, per disporvi ad un’allegrezza raccolta e tranquilla». Sono le parole che fra Cristoforo rivolge a Renzo e Lucia verso la fine de I Promessi Sposi, siamo infatti nel capitolo 36. Chissà se anche noi arriveremo presto a guardare con uno sguardo nuovo a tutto quello che stiamo vivendo. Inevitabilmente infatti la domanda sulla presenza di Dio in questo momento difficile della storia si leva da ogni altare, da ogni letto di ospedale, da ogni cuore che fatica a pregare e a credere con fiducia. È comprensibile, infatti, che negli ultimi mesi ci siamo forse sentiti orfani, abbandonati, dimenticati dalla provvidenza divina. Proprio per questo, credo che quest’anno abbiamo la possibilità di comprendere più profondamente il senso del Natale.
Luce nelle tenebre
Al di là delle superflue discussioni sull’orario in cui può nascere Gesù bambino, come se qualcuno fosse in possesso dell’atto di nascita dell’anagrafe di Betlemme, può essere invece l’occasione provvidenziale per chiedersi quale sia il valore spirituale di una messa di Natale celebrata nella notte. Forse allora ascolteremo in modo diverso l’annuncio di una Parola che si fa carne per illuminare le tenebre dell’umanità. Quelle tenebre sono le nostre, ancor di più quelle che stiamo attraversando in questo momento. È lì che Dio vuole portare luce. Ma a cosa crediamo di più alle ombre che ci terrorizzano o alla speranza della lampada?
Siamo fragili
Quest’anno potremmo forse guardare con uno sguardo nuovo al bambino del presepe. Questa volta infatti non ha i tratti di una devozione romantica, ma ha il volto potente della fragilità esposta. Dio ha scelto di farsi vedere così. La storia poteva cominciare da un altro momento, dal successo, dal ministero, dalla gloria, invece Dio sceglie di farsi vedere bambino. Un bambino è debole, inerme, vulnerabile, ha bisogno che qualcuno se ne prenda cura. Se Dio non si è vergognato di farsi vedere così, perché dovrei vergognarmi io della mia debolezza? E questo è un tempo in cui tutti ci siamo accorti di essere fragili, di essere esposti al male, ci siamo resi conto del peso della morte. Forse possiamo ripartire da lì, da questa più profonda consapevolezza della nostra vulnerabilità.
Siamo figli
A Natale ci ritroveremo davanti al Figlio di Dio. E anche in questo caso forse capiremo meglio quella parola ‘figlio’. In un certo senso ‘grazie’ alla pandemia, ci siamo ricordati forse di avere dei genitori. Ci siamo ricordati di essere figli. Ci siamo accorti che i nostri genitori erano in una casa di riposo o che i nostri genitori erano lontani, che avevano bisogno di noi, ci siamo ricordati di quanto sia importante la carezza di una mamma o di un papà. Non sarà allora un Natale come gli altri se ci offrirà l’occasione, pur nel dolore, nelle privazioni e nelle sofferenze, di prendere nuovamente consapevolezza che siamo figli. E forse capiremo meglio cosa vuole dire, come ci ricorderà la liturgia, che ci è stato donato un figlio.
Leggersi dentro
- A quale conversione mi chiama questo Natale del Signore?
- Quali passi posso fare per lasciar entrare la luce del Signore nella mia vita?
Mi si accende spesso un passaggio delle Confessioni di Agostino, libro sesto.11.18:
“E quando andremo a rendere omaggio agli amici importanti, il cui appoggio ci serve?”.
Come posso chiedere aiuto se non curo di omaggiare l’amicizia?
Ricordo ricoverato in ospedale pregavo, ma un dubbio mi assaliva: “Avevo accumulato in precedenza tanta grazia da chiedere appoggio, aiuto in terra e dal Cielo?”.
Ricomincio col rendere omaggio al bambino del presepe
Mi si accende spesso un passaggio delle Confessioni di Agostino, libro sesto.11.18:
“E quando andremo a rendere omaggio agli amici importanti, il cui appoggio ci serve?”.
Come posso chiedere aiuto se non curo di omaggiare l’amicizia?
Ricordo ricoverato in ospedale pregavo, ma un dubbio mi assaliva: “Avevo accumulato in precedenza tanta grazia da chiedere appoggio, aiuto in terra e dal Cielo?”.
Ricomincio col rendere omaggio al bambino del presepe
Noi umani siamo specializzati nelle relazioni, il tessuto prezioso e delicatissimo della nostra vita, e per custodirle ci vuole il coraggio di fare acrobazie nel vuoto nella fiducia che un messia trapezista ci afferrerà le mani.
Bel commento. Bellissima l’immagine del Messia trapezista. Grazie. Io la vedo un po’ diversamente. Non abbiamo nessuna specializzazione,almeno e chi mi circonda. Non mi riferisco lei. Eppure senza relazione non si vive.
Grazie per i suoi articoli che mi hanno accompagnato in questa preparazione al Natale! Le auguro un Buon Natale e che Gesù scaldi i nostri cuori! Maria Antonietta
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Chissa Gesù a che ora è nato… quest’anno mi pongo la domanda che mai mi ero posta. Forse questa pandemia ha dato una scossa al torpore del Natale sempre uguale, statico, SENZA significato. Ora invece Lo stiamo vivendo con più consapevolezza del VERO significato” nasce il Salvatore nasce Gesù “.
Mi chiama ad amare gli altri. Dimenticando. E mi ricorda che non devo essete la coscienza altrui, ma la consapevolezza del mio limite.
Non so a quale conversione mi chiama questo Natale, so solo che voglio continuare questa strada in compagnia del Signore e spero che sia lui a farmi capire cosa posso fare.
Grazie Padre Gaetano per avermi accompagnato durante questo avvento!
Buon Natale a padre Gaetano e ai lettori di questo blog. Grazie padre Gaetano